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Innanzitutto non è da tutti scrivere un brano “inno indie-rock” che ti si appiccica subito addosso come “What Do I Know”, ma ne abbiamo già parlato. Qui è il momento di alzare lo sguardo alla riuscita composita del quarto album di Deep Sea Diver, band guidata da Jessica Dobson, ex turnista per band del calibro di Beck e The Shins. Un disco che per certi versi è come un debutto, nel senso che dopo album o autoprodotti (il primo “History Speaks del 2012) o con etichette autocreate (la High-Beam Records), “Billboard Heart” è il primo per una casa discografica che conta (la Sub Pop), che può portare la band di Seattle al di là di quello che ha fatto in maniera indipendente dal 2012 ad oggi. In realtà il primo sussulto di riconoscibilità i Deep Sea Diver l’hanno avuto con “Impossible Weight” del 2020, disco che ha ricevuto il plauso della critica e degli ascoltatori di KEXP Seattle, radio fondamentale e che fa una programmazione che spacca.
Un album multiforme e coraggioso
“Billboard Heart” è molto vario: si va dall’indie etereo (e pop) della titletrack iniziale agli spazi elettro-ibridi di “Let Me Go”, un brano (featuring la musicista e cantautrice vincitrice di un Grammy, Madison Cunningham) in cui la Dobson ci fa scomodare il paragone ingombrante con certe intuizioni e prove vocali di Thom Yorke. Ma la base è fatta di chitarre elettriche fuzzeggianti e veloci (“Emergency”) oppure di buonissimo classic rock alla Sharon Van Etten (“See in The Dark”, “Be Sweet”). Personalmente adoro anche “Tiny Threads”, che trovo la cifra stilistica più precisa e personale dei Deep Sea Diver, dove canzoni dallo svolgimento non banale non rinunciano a un certo gusto pop e si dipanano ariose e grintose allo stesso tempo (con un finale alla Interpol).
L’estetica che racconta il suono
Un ultima menzione particolare per la copertina, splendida, realizzata dal fotografo Neil Krug e che fa parte della sua serie fotografica Spirit II: una pennellata rossa che non si sa come si sia creata spicca in primo piano all’interno di un paesaggio lacustre, un monolite rosso da adorare, uno spirito rosso inquieto, una strana aurora rossa verticale che non si capisce se benevola o maligna. Che è poi un contraltare della musica di “Billboard Heart”, un album che si cela e svela, sorprende e accompagna. Un album da adorare.
81/100
(Paolo Bardelli)