“Let Me In”, Michael Stipe e Kurt Cobain

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Michael stipe, amico di Courtney Love e Kurt Cobain, è sempre stato vicino all’amico Kurt e famiglia, anche nei momenti più bui, come si legge tra le righe nel testo di “Let me in”, decima traccia di “Monster”, album della band registrato in quel di Seattle. Proprio in quel periodo, Stipe con un escamotage, una possibile collaborazione-progetto, voleva tenersi in contatto con Cobain, cercando di tenerlo lontano dal mondo alienante dell’eroina, che troppo spesso spinge le persone eroinomani a rinchiudersi in se stesse.

Da “Let Me In”:
“I had a mind to try to stop you. Let me in, let me in
But I’ve got tar on my feet and I can’t see
All the birds look down and laugh at me
Clumsy, crawling out of my skin”

“Avevo in mente di provare a fermarti. Fammi entrare.
Fammi entrare.
Ma avevo il catrame sui piedi e non riesco a vedere
Tutti gli uccelli mi guardano dall’alto e ridono di me
Goffi, mi escono dalla pelle”

In un’intervista al magazine “Interview” Michael Stipe con sommo dispiacere ha dichiarato: “Conoscevo lui e sua figlia. E Courtney Love è venuta ad abitare a casa mia quando i R.E.M. stavano lavorando alle registrazioni di due dischi a Seattle, Peter Buck viveva nella casa della porta accanto a quella di Kurt e Courtney. Così ci conoscevamo bene tra di noi. Gli(a Kurt) ho allungato la mano con l’idea di un progetto come tentativo di evitare cosa sarebbe potuto accadere”.

Stipe incalzato dal giornalista continua “Gli spedii un biglietto aereo e un autista. Lui attaccò il biglietto al muro e lasciò l’autista fuori dalla casa per dieci ore. Kurt non uscì e non rispose più al telefono. Ero a Miami a fare un disco, non mi sentivo di attraversare in volo gli Stati Uniti per qualcuno che ammiravo, che era un amico, un buon amico, ma non il mio migliore amico, capisci cosa intendo? Non pensavo che fossi compito mio, prendere un aereo e dirigermi verso Seattle. Stavo facendo ciò che pensavo fosse la miglior cosa da fare al tempo. E, lo sai, francamente, non sono bravo con i dipendenti da eroina. Ho provato l’eroina, ma è stato un incidente.” Se Kurt avesse letto quel biglietto, forse il corso degli eventi sarebbe cambiato. Ma la storia non si fa con il condizionale.

“La grande tragedia della sua morte, come artista, è che lui esigeva troppo. Aveva raggiunto un punto dove stava per dare spazio a qualcosa di fenomenale e di bello. Era tutto scritto, stava tutto lì, ed era molto ovvio dove Kurt era diretto, e dopo non lo fece.Ancora ho problemi , non riesco ad ascoltare un disco dei Nirvana per intero”
Michael Stipe su Kurt Cobain, Maggio 2008

Qui l’intervista integrale a Michael stipe

(Monica Mazzoli)