CAT POWER, “Sun” (Matador/Self, 2012)

Un ritorno come non te lo aspetti. Robusto: Chan Marshall fa tutto da sola o quasi, ripagando sei anni di assenza di materiale inedito con un lavoro sorprendente e maturo. Efficacissimo: debutta direttamente nella Top ten di Billboard 200, primo album della Matador a riuscire nell’impresa.

Dicevamo sorprendente. La cantautrice di Atlanta ci ha abituati nel corso della sua carriera al cambiamento di stile e ad un approccio universale alla musica, dimostrando sì un carattere fragile ed inquieto, ma estremamente propositivo. Con “Sun” si prende la miglior rivincita su chi l’aspettava al varco: allarga il suo raggio di azione e stupisce ancora. Cat Power che flirta con l’hip-hop l’avevamo solo apprezzata dal vivo con la resa di “Crazy” dei Gnarls Barkley; oggi un genere che vedresti così distante dalle sue cose di un decennio fa diventa elemento preponderante di molti pezzi, a partire da “3,6,9” filastrocca elaboratissima nell’intreccio di voci e con un ritornello killer (“Three Six Nine You Drink Wine Monkey On Your Back You Feel Just Fine”). Sulla stessa linea d’onda “Real Life” con ritmica e arrangiamenti d’alta classe e il rappato alla Jay-Z della potente “Peace And Love”, che volendo essere cattivelli ricorda abbastanza “Kashmir” dei Led Zeppelin.

Detto del peccatuccio veniale, l’album è un susseguirsi di buone idee, realizzate con certosina pazienza e l’aiuto ai missaggi di Philippe Zdar dei Cassius, in consolle per l’ultimo apprezzato album dei Beastie Boys. La title track è una lenta ballad elettronica memore dei Depeche Mode anni novanta il cui testo invoca sole e tranquillità; di contro “Silent Machine” si inserisce appieno nel filone garage dei Black Keys, pur restando notevolissima. Ottimi anche il nu-folk alla Beck di “Human Being” ed il singolo “Ruin” che unisce un canto di protesta alla Bob Dylan ad un connubio di basso e chitarra funky presi in prestito da Prince. “Cherokee” è la semplice testimonianza di un’artista maiuscola, dall’incalzante ritornello fino al lavoro magistrale al pianoforte che gli ultimi Coldplay ed altre piano-band potrebbero solo invidiare. Non mancano infine la special guest di turno (un Iggy Pop al risparmio nella dilatata “Nothin’ But Time”, scritta a quanto pare per la figlia dell’ex Giovanni Ribisi) ed i rimandi alla Cat Power tormentata e malinconica di “You Are Free” in “Always On My Own”. E così ho citato praticamente tutti i pezzi del lotto..

Benedetta Chan Marshall.. Perchè ci hai fatto aspettare tanto?

82/100

(Matteo Maioli)

1 ottobre 2012

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