MARLENE KUNTZ, New Age, Treviso, 17 aprile 2009

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Godano si è tagliato la barba. E i Marlene non suonano più “La Canzone Che Scrivo Per Te”. Potrebbe essere sintetizzato così, con queste due massime che dicono più di quello che sembra il concerto della band cuneese al New Age di Treviso. Data “post-London”, dato che questo tour è iniziato in pompa magna proprio nella capitale anglosassone, ed è giusto così.

Era almeno da prima dello “Slow-Tour” che infatti i Kuntz non tornavano ad un’elettricità così spinta, ma soprattutto ad una scaletta veramente equilibrata della loro produzione, perciò quella prima data esterna risulta adesso proprio come un battesimo ben riuscito. Qualche avvisaglia la si era avvertita nelle date emiliane di ottobre scorso a dire il vero, la Marlene era tornata a voler donare agli astanti il suo spettacolo d’intensità unica, come solo lei sa fare.

La formazione 3 + 2 (con Arneodo e Lagash) piazza una serie inenarrabile di colpi ben assestati, dall’iniziale sognante “L’Abbraccio” alla irrequieta “L’Uscita di Scena”, dalle inattese “Questo e Altro” e “Primo Maggio” passando dal trittico malefico “Festa Mesta”-“Sonica”-“Nuotando Nell’Aria”, suonate così, in questo ordine perfetto che fa smuovere tutta la platea ben stipata del New Age.

Bergia è particolarmente sciolto, Tesio la solita inossidabile fucina di arpeggi perfetti, Godano non lesina alcuna energia e risulta il trascinatore che è: alla fine c’è spazio anche per le nuove “Canzone in Prigione” e “Il Pregiudizio”, ma è appena prima dei bis che i tre, pur stanchi morti, riescono ugualmente a donare quello che è il momento più alto, assieme alla coda lisergica di “Ineluttabile”, del concerto. “Grazie” è incantevole, da rimanere basiti, da ammutolire in silenzio rapiti, gli inneschi scavano segni nelle emozioni che salgono e le finali note di pianoforte, suonate sempre più in alto come un carrilon, ci asciugano la bocca e ci lasciano come in uno stato di tranche apparentemente eterno, che solo un fragoroso e sentito applauso schiude.

(Paolo Bardelli)

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foto di Enrico Fiorasi