LE MAN AVEC LES LUNETTES, ? (My Honey / Zahr, 2007)

Nello stesso periodo in cui cade il quarantesimo anniversario dell’uscita del Sergent Pepper beatlesiano, ci troviamo a parlare di un disco che intrattiene con il capolavoro del quartetto britannico più di un decisivo rapporto. Il gruppo in questione (in realtà un duo costituito dai bresciani Alessandro Paterno e Fabio Benni) presenta il bizzarro nome di “Le Man Avec Les Lunettes”, è attivo ufficialmente dal 2004 ed ha alle spalle una pulviscolare e frammentatissima produzione di mini cd, ep, 7’’a tiratura ultralimitata, in parte ora raccolti e parzialmente reincisi e ripuliti nell’album “?”, pubblicato dall’interessantissima etichetta bresciana My Honey (www.myhoney.it) di Paolo Spelorzi (per farsi un’idea più dettagliata delle sue produzioni è consigliato recuperare l’antologia di presentazione “Let It bee”).

Il gruppo gode già di un’apprezzabile notorietà (paradossalmente quasi maggiore dell’attenzione che finora ha ricevuto in Italia) in terra di Svezia, paese nel quale ha già avuto occasione di esibirsi dal vivo (nel locale festival di Emmaboda, su invito diretto dell’organizzazione, caso a tutt’oggi unico per un gruppo italiano). E proprio all’interno di un orizzonte “internazionale” la musica dei Le Man trova la sua più giusta collocazione. La loro ricerca stilistico-musicale (accostabile per certi versi a quella della Toys Orchestra, a tratti quasi speculare) si caratterizza infatti per composizioni flebili e bisbigliate che tendono a configurarsi come riverberanti cantilene di puro e finissimo artigianato pop. Le canzoni del trittico d’apertura “Sybil nane”, “Agin again” e “Tennis System And Its Stars” annodano più di un riferimento all’universo di foschie e specchi deformanti caro agli XTC e, tra pillole di psichedelia multicolore, piccoli effetti e tastierine sinuose, si rende evidente, soprattutto sul piano compositivo, una mano esperta e calibrata, da orafi appassionati, che disegna i suoi abbozzi con gusto e puntiglio. In un turbinio di scaglie di pop sottile e fugaci apparizioni, la musica dei Le Man Avec Les Lunettes ama spesso nascondersi e ammantarsi (soprattutto nella parte centrale del disco) in un intangibile umore quasi spettrale, di ascendenza molto barrettiana (i fiati di “The Dogsitter” o “Give her some Flowers” che gira come una giostra in un luna park abbandonato). In questo senso appare non del tutto infondato un qualche legame con i Jennifer Gentle e la loro inesatta scienza dei fantasmi.

Ma il gioco dei rimandi e delle reminescenze si moltiplica in un rimpallo “tennistico” (il tennis è uno dei motivi ricorrenti nel disco) di citazioni che dai Coral e dai Super Furry Animals arriva fino ai Field Music e in fondo anche ai The Good The Bad And The Queen, con quei carillon impolverati che guardano roteare le loro melodie sbilenche a mezz’aria, come qui accade ad esempio in “Wimbledon”. Spesso le melodie si impastano nella mente come frammenti di sogno in un dormiveglia intontito o fugaci déjà vu (“Venice”), altre volte invece la musica somiglia ad un gioco di luce a pelo d’acqua o a quelle luminescenze che foderano le retina quando si guarda il sole troppo a lungo e poi si chiudono gli occhi (“Venice” o la corale “Our Driver Goes Fast”). La grana del suono si nutre tanto del pop minimale dei Pinback, quanto della sculture di luce screpolata e polvere dei Grizzly Bear, ma appiano importanti anche certe fantasie retrofuturiste da cameretta in bilico tra Fiery Fournaces e Stereolab. A tratti si ha come l’impressione di osservare piccoli mondi racchiusi in una sfera di vetro e un pezzo come “Hallo” sembra quasi allineare una fila infinita di piccoli compleanni solitari.

Proprio in questo periodo la Domino ristampa tra l’altro un disco da molti ritenuto capostipite di certe costruzioni musicali improntate ad un’estetica povera, “Colossal Youth” dei gallesi Young Marble Giants. Non siamo troppo lontani da quell’universo, forse l’attitudine irriducibilmente pop qui è più spiccata, ma quel retrogusto domestico, biscottato, di dolce fatto in casa con i pochi mezzi a disposizione, non è poi molto diverso. Prendetene una fetta allora, prima che si freddi.

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