FIUB, Ciubirismeicheuan (Jestrai, 2006)

Riprendendo lo slogan della pubblicità del Maxibon che andava anni orsono, i Fiub fanno intendere che a loro del gelato non interessa granchè. Due birre, possibilmente da degustare mentre gli amplificatori sono accesi e la chitarra sputa rock americano. Questi sono gli ingredienti dell’esordio in long playing del duo bergamasco che si avvale del synth suonato da Luca Ferrari dei Verdena in due canzoni. Pezzi deserticii, cantati con convinzione e sparati volentieri a razzo. “1st Lady” tanto per dirne uno. Ma anche “6L6” e “Suicide Booth”, con quella spruzzata stoner che più U.S.A. è impossibile. Una traccia oltre i dieci minuti, “2nd Lady”, che non esita a mordere per tutta la durata mentre sull’ultima, “Clocks”, la voce di Martina Togni è accompagnata dalle bizzarre spruzzate del già citato sintetizzatore. L’originalità non sta certo qui e non poteva essere altrimenti viste le premesse. Si tratta comunque di un disco godibile che ispira curiosità per quanto riguarda il trasporto sul palco. Certi riffs assassini figureranno ancora meglio a volumi assassini. Il consiglio, quindi, è di non perderli per strada.

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