MARCO PARENTE, Pillole buone (EP, Mescal/Sony, 2003)

Sono sorpreso. Molto sorpreso. Lo davano prossimo alla pubblicazione di un live accompagnato da una big band, e invece mi trovo tra le mani il progetto più estremo realizzato finora da Marco Parente. Per carità, l’idea di un disco di remix di materiale già edito non è certamente nuova, ma non è questo il punto: l’idea folle è di condensare tutte le dieci canzoni del bellissimo “Trasparente” in un unico brano di oltre quindici minuti.

Pillole, appunto, ma destrutturate, taglienti e spigolose come poco altro. Un progetto coraggioso, quello di iniziare un disco con un brano di tale difficoltà, e ancor più coraggiosa l’idea di proseguire sulla stessa linea per il resto del disco.

Non c’è assolutamente nulla, nei trentacinque minuti di “Pillole buone”, che sia di facile assimilazione, e durante i primi ascolti non riesco a fare a meno di chiedermi se Marco Parente sia stato bastonato in testa da Aphex Twin in persona. O se il nostro “cantautore” non sia stato messo sotto contratto dalla Warp, o ancora se non stia trattando le sue canzoni allo stesso modo dei Radiohead e del loro controverso “Kid A”.

Niente di tutto questo, in realtà. Il progetto “Pillole buone” vuole essere soprattutto un punto di partenza per nuove rielaborazioni musicali, a partire proprio dai brani contenuti in questo disco: chiunque può collegarsi al sito www.marcoparente.it e riutilizzare creativamente le tracce disponibili.

Più un battesimo di una nuova comunità virtuale, che “il nuovo disco di Marco Parente”, dunque, e forse è meglio così, dato che la qualità della musica proposta in “Pillole buone” è diseguale e non sempre all’altezza: sia la title-track sia il remix di “Proiettili buoni” sono basati soprattutto su sovrapposizioni caotiche di campioni della voce, e sono fin troppo destrutturate e, sì, quasi irritanti.

Va molto meglio con il remix di “W il mondo”, dilatata e onirica benché più ritmata dell’originale, e bellissima è la versione conclusiva di “Anima gemella”, che accentua le divagazioni elettroniche originali per trasformarle in una fuga drum ‘n bass, che si placa e si distende su un finale per pianoforte e voce leggermente distorta.

Nessun giudizio di valore, alla fine, solo una serie di possibili aggettivi per descrivere “Pillole buone”: difficile. Coraggioso. Innovativo. Inascoltabile. Bellissimo. Irrisolto.

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