AFEL BOCOUM, DAMON ALBARN, TOLIMANI DIABATE’ AND FRIENDS, Mali Music (Honest Jons rec., 2002)

Un album, un reportage di suoni, colori, emozioni. Nel giugno 2000 Damon Albarn, cantante dei Blur, intraprende un viaggio in Mali, lontano dallo star system britannico, alla ricerca di nuove forme di ispirazione e probabilmente anche un po’ di sé stesso. Il ragazzo londinese ha sempre dato l’impressione di essere “oltre” le cose fatte o interpretate con il suo gruppo, e di possedere una specie di sana inquietudine tesa verso realtà opposte a quella vissuta (pensiamo anche al suo esilio di qualche anno fa in Islanda, dove comprò un pub…).

Durante il suo viaggio nell’assetato paese africano, Albarn si è tirato dietro la sua melodica a bocca ed un registratore pronto a documentare semplici suoni, parole, musiche, canti coi quali si imbatteva durante i vari pellegrinaggi. Tornato a Londra, Damon si è ritrovato con un enorme mole di materiale sul quale lavorare, magari e soprattutto nei ritagli di tempo concessi dalla nuova attività Gorillaz e da sessions interminabili coi vecchi compagni Rowntree, James e Coxon, cercando di dare una personalità a nuove creature made in Blur. Due anni passano, quei suoni lontani ed affascinanti prendono piano piano forma, ed insieme a loro nasce anche una casa discografica indie, la Honest Jons Records, con sede a Portobello. La stretta collaborazione con grandi musicisti del paese sub sahariano come Afel Bocoum e Toumani Diabaté fa sbocciare finalmente il fiore, ed è un fiore veramente del deserto, raro, strambo, delicato ma anche resistente, con radici piantate fino alla più profonda vena acquifera.

Lascia davvero stupefatti il modo in cui questo cockney un po’ snob sia entrato in simbiosi con questi suoni, appropriandosene: le canzoni sono quasi tutte firmate Albarn, e l’evidente matrice africana sembra sposarsi teneramente ad elucubrazioni più europee. C’è un main theme nell’album che comincia ad insinuarsi nel paradisiaco arpeggio alla kora di Diabaté (“4am at Toumanis”) e che poi si dipana nella melodica di Damon…ebbene, è un misto di gioia e malinconia, una fotografia assolutamente nitida di milioni di occhi del Continente Nero, della loro gioia di vivere costretta a sopravvivere con la miseria e la fame. Questo tema principale verrà riproposto nei pezzi successivi, con effetti eccezionali e diversissimi tra loro. In “Le hobon” si accoda ad un ritmo saltellante, da festa del villaggio: irresistibile. Nella successiva “Sunset coming on” la stessa melodia sfocia nel canto di Damon, dentro un’atmosfera tesa e cupa, la voce è profonda e volutamente smagliata, l’impatto emotivo è altissimo.

“Mali music” è innanzitutto un disco onesto (Honest Jons Records…), dove l’autore ha preso tutto il tempo necessario per cercare di far trasparire l’umore del posto da lui visitato, filtrato dalla mente di un uomo-artista immerso in un mondo lontano anni luce; il pericolo di dare alla luce un album “turistico” è stato scongiurato proprio da questa estrema ricercatezza di esposizione e da un enorme rispetto verso quella cultura. “Mali music” è sole, immensi spazi deserti, bidonvilles piene di bimbi vocianti e curiosi, ma anche brughiera inglese, nebbie fitte, malinconia per ciò che il mondo ancora non è.

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