PINK FLOYD, The Piper At The Gates Of Dawn (EMI, 1967)

Nasce a Londra nel 1965 la storia dei Pink Floyd, forse il gruppo che meglio di chiunque altro ha saputo incarnare l’anima utopista e il volo pindarico degli anni ’60, e il riflusso angoscioso e cupo degli anni ’70. Nasce a Londra per mano di un folle genio: Syd Barrett. “The Piper at the Gates of Dawn” è quasi per intero opera sua, visto che la maggior parte dei brani portano la sua firma. E si nota. Chi è abituato ad identificare i Pink Floyd con “Wish You Were Here” rimarrà sorpreso dalle sonorità di quest’album d’esordio, che sono bislacche, assurde, quasi favolistiche nella loro dimensione candidamente onirica.

L’attacco di “Astronomy Domine” è l’inequivocabile firma di una mente distorta dai flussi dell’acido lisergico. Nelle canzoni si sommano pause, riprese, accelerazioni, sonorità sconosciute, lampi orientaleggianti, visioni, il tutto concentrato in una media di quattro minuti. Con un’eccezione, la follia psichedelica di “Interstellar Overdrive”, acida suite che sfiora i dieci minuti di lunghezza e che vola via, senza preoccuparsi di metrica musicale, di ordine logico. Un salto nello spazio in assenza di gravità, libero da preconcetti e dalla zavorra dello spazio e del tempo, un “trip” unico nel suo genere.

Nelle canzoni si parla di Giove, si cita il “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, si narrano le gesta di “Lucifer Sam” e dello gnomo Grimble Gromble e si parla di uno spaventapasseri, mentre l’album si chiude sulla divertentissima “Bike”, che da sola può rendere chiara la grandezza della figura di Syd Barrett: un folletto musicale dotato di una mente capace di aprire sipari su mondi insospettabili e sconosciuti, e di farli entrare in collisione con un gusto musicale raffinatissimo e originale, sorta di mistura esplosiva fra psichedelia, pop e ballate medioevali.

Purtroppo la stagione lisergica durerà poco e sarà proprio Barrett a perdere. Il testimone passerà in mano a Roger Waters, qui ancora in secondo piano (anche se firma la geniale “Take Up Thy Stethoscope & Walk”), che condurrà il gruppo sulla strada di “Ummagumma”, “Dark Side of the Moon” e “The Wall”. Ma dietro lo scheletro del gruppo – cui si aggiungerà David Gilmour – rimarrà sempre intatta l’anima del pifferaio alle porte dell’alba, del diamante pazzo pronto a brillare, l’anima di Syd Barrett e di una stagione indimenticabile e splendida della musica (nello stesso anno uscirono “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, “Velvet Underground and Nico” dei Velvet Underground, l’esordio dei Doors e “Are You Experienced?” di Jimi Hendrix).

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *