AFTERHOURS, Germi (Vox Pop, 1995)

Quando gli Afterhours esordiscono sul mercato italiano con “Germi” hanno già una lunga vita alle spalle: nati sul finire degli anni ’80 a Milano, hanno raggiunto una certa notorietà negli USA con i loro testi esclusivamente in inglese. In Italia la loro fama rimane ristretta a pochi cultori dell’underground. Nel 1994 gli viene offerta la possibilità di partecipare all’Arezzo Wave, dove presentano una versione allucinante e distorta di “Mio fratello è figlio unico”, cavallo di battaglia del delirante e rimpianto Rino Gaetano.

Nasce così l’idea di comporre un album in italiano. Ormai il rock non è solo una prerogativa anglosassone, come hanno dimostrato gruppi come i CCCP, i primi Litfiba e l’esordio sbalorditivo dei Marlene Kuntz. “Germi” è il titolo perfetto per un album che darà il via ad una stagione memorabile per il rock italiano, a cavallo degli anni ’90, e la title-track lo dimostra ampiamente, con l’attacco di batteria seguito dalla chitarra distorta e dalla voce possente di Manuel Agnelli (“Inocula il mio germe, forse se smetto di respirare se ne va via da sé”).

L’argomento preferito dalla band è l’amore, nostalgico come in “Plastilina” (“Poi viene settembre e non ho avuto il tempo, nel sangue scorre il seme, ma è un seme nero e lento”), assoluto come nella straordinaria “Dentro Marylin”, brano rock perfetto, adagiato sulle chitarre e su una lirica dolce e disperante, splendidamente interpretata dalla voce duttile di Agnelli, anche autore dei testi (“l’anima brucia più di quanto illumini”, “Io vengo dall’errore, uno solo, del tutto inadatto al volo”), urticante come nella trascinante “Ossigeno”, già presentata in inglese. Questo senza dimenticare la follia pura di “Siete proprio dei pulcini”, dove Agnelli canta contemporaneamente il disprezzo per i propri coetanei (“siete proprio dei pulcini che mi va di mangiare. Cosa mi può più interessare?”) e la propria inadeguatezza nel mondo (“Sono così dispiaciuto che tu non riesca a capirlo, ho tutto in testa ma non riesco a dirlo”), la rabbia melodica di “Vieni dentro” (“sole bastardo marcisci su di me”). Soprattutto il nitido splendore di “Strategie”, sovrainciso dal solo cantante su un rudimentale 4 piste, accanto ad una melodia pop-rock trascinante e affascinante, ricco di una malizia piena di ironia (“scopami fra fiori urlanti, strategie, insetti malvagi da scacciare, maledire”).

L’esordio degli Afterhours è notevole, forse ancora non pienamente maturo – episodi come “Pop” e “Giovane coglione” non sono certo all’altezza del resto – ma già cocciutamente deciso sulla linea melodica da intraprendere.

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