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26 Luglio 2025, Rocca Malatestiana, Cesena.
Non uno, ma due muri di pioggia ci separano.
Due muri di pioggia, vento, grandine e fulmini.
È un elogio al crederci la prima data italiana di Ry X in questo tour italiano che conferma il ritorno nel nostro paese del cantante nato in Australia e che ha poi girato per il mondo, fino a trasferirsi negli Stati Uniti.
Era passato una prima volta nel 2016 e poi mai più, fino al 2024 (una data a Milano e una a Roma), otto anni in cui ha consolidato la propria carriera, partita realmente proprio nove anni fa con “Dawn” che ne aveva mostrato un certo talento compositivo e la definizione finale della sua musica.
Ovvero: un approccio minimale alla musica, spesso partendo dalla melodia vocale e dalla chitarra e da giochi di voce che si sorreggono l’un l’altro e poi, lungo il brano il crescere di elettronica a volte soffusa e a volte più impetuosa, mai ballabile, sempre vicina al ballabile.
È un equilibrio sottile quello in cui si muove Ry X, sospeso tra la ripetizione di sè stesso e il lavorare dentro ad una propria poetica sempre riconoscibile e che ora, a quasi dieci anni di distanza da quel “Dawn”, con altri due album in mezzo, un paio di (grandi) live con orchestre (ad esempio) , un album di remix e diversi ep è definibile come matura e completa.
Ed è equilibrio sottile, quello tra annullare tutto e provarci, in cui ci muoviamo anche noi, ostinati quanto l’artista nel perseguire il desiderio di incontrarci tutti, assieme, all’interno della Rocca Malatestiana di Cesena in una sera d’estate che è fatta di pioggia, schiarite, grandine, vento.

Che a pensarci bene è follia: lui racconta di essere sceso in giornata dalla Svizzera e di avere sperato che la pioggia finisse, un ragazzo di Torino, su Facebook prova a rivendere i biglietti, non ce la fa più questa sera, noi pensiamo, venendo da Ferrara che superato il primo letterale diluvio dopo Bologna sia fatta e invece man mano ritroviamo il grigio.
I fulmini, ora sospesi in aria e a volte pericolosamente verticali, toccano terra là in fondo, là verso Cesena, la pioggia è quasi incontrollabile, alcune automobili approfittano dei ponti che incrociano l’autostrada per ripararsi, l’orario del concerto si avvicina e tutte queste energie si muovono e convergono in un unico punto mentre un’auto proprio all’ingresso di Cesena è ribaltata sul fianco, a bordo strada, la polizia attorno.
“Le porte ritarderanno l’ora di apertura, stiamo rivalutando la situazione, non dovrebbe piovere dopo le 21”, scrive l’organizzazione.
E alla fine, come dicevano le previsioni del meteo, verso le 21:15 ce la si fa, dicono che sì, aprono, le gocce si diradano, le persone parcheggiano, il gruppo spalla suona praticamente subito, siamo in ritardo ma ce la possiamo fare, il voto di fede è servito e l’organizzazione ci prova, Ry X è pronto, qualche centinaio di persone entra, chi in k-way, chi in scarpe aperte incuranti di fresco e bagnato per terra.
E ce la si fa.

Non è mai uno che suona tantissimo, a guardare i dati: un’ora abbondante, un’ora e venti scarsa di media, secondo Setlist e questo è forse un peccato.
Però tutto funziona e se chiudiamo gli occhi, apriamo le orecchie, spegniamo tutti gli stimoli esterni, siamo in una rocca di qualche secolo fa, c’è una lunga introduzione strumentale e poi eccolo in scena, attorniato da una band che lavora soprattutto con batteria elettronica, strumenti digitali e violino.
La chitarra la tiene invece spesso lui in mano, accompagna i brani che come su disco crescono man mano, pulsano, avvolgono e qui prendono una nuova dimensione, come amplificata.
È uno fuori dal tempo Ry X, non viene mai incontro a quelle che potrebbero essere le aspettative del pubblico, parla un paio di volte per ringraziare, allunga spesso le canzoni che prendono code strumentali e si dilatano, cambiano forma.
Ad esempio, così ci capiamo.
Uno fuori dal tempo e illuminato solo di poche luci, balla sul filo dell’equilibrio tra silenzi, vuoti e improvvise esplosioni, ritmiche che si elevano, qualche gamba che ondeggia, qualche mano che verso la fine tiene il tempo, “è bello che la pioggia abbia deciso di smettere” dice, verso la fine,e mentre lo dice alcune gocce, rarefatte, ricominciano a cadere come a dire che no, non hanno deciso di smettere.
Semplicemente le abbiamo tenute su noi, insieme, come a creare un cappello invisibile e magico su questa rocca, credendoci assieme, non era serata ma abbiamo fatto in modo lo fosse.
Così come oggi, questa proposta musicale così sussurrata ed elegante non dovrebbe collezionare milioni di streaming ogni mese, eppure è successo.
E “Howling” proprio dal quel disco del 2016 diventa un rito collettivo, cinque minuti su disco e forse dieci dal vivo, prima del finale con “Only”, delicatissima.
Peccato, forse, per non avere sentito la bellissima “Tell Me” nuova pubblicata in febbraio in un piccolo ep di tre tracce, peccato non sia durato di più, strano vedere quell’uomo così concentrato sul palco nel gestire i suoi strumenti e nel cantare che poi scende di lato e viene abbracciato da diverse persone, si ringraziano a vicenda, come se una musica così intima e minimale richiedesse in seguito vicinanza e contatto fisico.
E in effetti questo è un live che potrebbe prevedere un cerchio di persone attorno all’artista, è un live che merita le stelle e la luna sopra il cielo, che non necessita di luci ed effetti, che sa rallentare i ritmi frenetici della vita quotidiana, che sembra quasi voler imporre di mettere via i proverbiali smartphone che registrano e collezionano ricordi destinati a sfumare su qualche piattaforma social che un giorno verrà chiusa.
Continua per la sua strada Ry X, in un certo senso assomiglia ad un Damien Rice, persone che non pubblicano un disco all’anno e che non si allontanano troppo dalla loro tela musicale ma che lavorano costantemente per perfezionarla e arrivano alla capacità di lasciare un solco importante dentro al cuore.
Valeva la pena, certamente, anche di affrontare strada e nubifragi e di averci creduto.
Il pubblico italiano è più piccolo di quello straniero, certamente.
Ha piovuto, grandinato e fulminato, certamente.
Ma sospesa nell’aria, alla fine di tutto, c’era l’ostinazione reciproca, artista e pubblico, di esserci insieme, di vivere quella magia soffusa, assieme,
E siamo ancora lì, a canticchiare quella lunghissima versione di “Howling”, ancora e ancora.
