Tener-a-mente, il festival al Vittoriale: abbiamo intervistato Viola Costa

Giunto alla tredicesima edizione il Tener-a-mente, festival che si tiene presso il suggestivo Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera (BS), è una delle rassegne musicali più importanti d’Italia.
Abbiamo fatto qualche domanda al direttore artistico, Viola Costa, che ci svela cosa c’è dietro all’organizzazione e da dove e come arrivano le scelte che poi finiscono nel cartellone.

RC: quanto tempo prima iniziate ad organizzare il Festival da un anno all’altro?

VC: iniziamo l’anno precedente. Nel senso che durante la stagione estiva precedente si comincia ad avviare i primi ragionamenti sulle trattative possibili per l’estate successiva, sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista prettamente organizzativo.
Ormai siamo alla tredicesima edizione, è una consuetudine consolidata.

Invece la parte che riguarda i collaboratori, più “stagionale” e legata al Festival viene dopo.

RC: avete una sorta di ‘direzione’ da seguire per la scelta degli artisti? Lo chiedo perché al solito il cartellone è molto variegato.

VC: per dirla tutta un tempo pensavo che questo fosse un lavoro da direzione artistica ma ormai mi è chiarissimo che è un lavoro più da “Direzione generale”, nel senso che la parte prettamente artistica deve fare talmente tanto i conti con la parte di sostenibilità dei progetti che inevitabilmente sono compromessi continui.

Detto questo, siccome il Festival si regge, a seconda degli anni, per il 90/95% sulla vendita dei biglietti, quindi la risposta del pubblico è fondamentale. La sfida è quella di ottenere risposta dal pubblico cercando di tenere un’asticella abbastanza alta, quindi non fare scelte troppo commerciali e mantenere un’identità generale del cartellone ispirato ai criteri di qualità e mi rendo conto essere un termine molto soggettivo, infatti ricordo che una delle agenzie più importanti in Italia spesso mi chiamava proponendomi “l’artista giusto per il Vittoriale” e io lo bocciavo sempre (ridiamo ndr), ma perché per loro “giusto” significa che riempie l’anfiteatro a prescindere dalla proposta artistica e questo non è nella mia logica.
Non dico che le scelte debbano essere in linea con quello che piace a me, infatti da spettatore non andrei ad assistere a una parte dei concerti che metto in cartellone, però la scelta si basa sempre su un criterio di qualità che molto spesso traduco nel cercare degli artisti che abbiano una reale urgenza espressiva. Se vedi cerchiamo di non proporre o di limitare moltissimo, il puro intrattenimento.
Non sto giudicando questo ‘valore’ ma non è quello che ci interessa. L’importante è l’urgenza espressiva e non importa il linguaggio: rock, jazz, pop, blues, basta che sia un prodotto artistico, per me la differenza sta proprio lì.

RC: penso che ‘il sold out facile’ non sia sempre semplice da rifiutare.

VC: sì, sono scelte che ovviamente un po’ si pagano, però già il fatto di proporre in Italia, in un palco che non è enorme e che non ha i contributi che hanno altre situazioni un po’ più protette e un’ampia, nettissima prevalenza di musica internazionale, restringe il campo. Se tu proponi la musica italiana, hai una platea di pubblico possibile infinitamente più ampia e noi non che non la proponiamo però è sempre centellinata.
Le scelte si pagano, però devo dirti che, per esempio, il fatto che ci sia un fil rouge che lega gli artisti che proponiamo, porta una fetta di pubblico a tornare e conta che non abbiamo un pubblico occasionale, non abbiamo un pubblico del territorio, che è intorno al 35%, quindi per sostenerci dobbiamo attrarre chi viene dall’estero o anche da lontano, proponendo qualcosa di unico o quasi.

Localmente arriva pochissima gente, il turista occasionale è legato ad una visione old style del lago ed è più facile che arrivino gli stranieri che vogliono progettare un viaggio in Italia e vedono che a Gardone Riviera c’è un concerto interessante e lo mettono in itinerario, che magari riporterà a visitare i luoghi più belli dell’Italia, quindi stanno un paio di giorni sul Garda e vengono a sentire un concerto.

RC: mi viene in mente il concetto degli Elbow dove una buona fetta erano turisti inglesi.

VC: sì, esatto! Se però dovremmo adattarci a chi viene per turismo puro e semplice sul Lago di Garda dovremmo pescare nel mondo tedesco.

In questo panorama molto variegato è evidente che chi viene a sentire un concerto al Vittoriale ci viene perché ha una forte motivazione, quindi tendenzialmente perché è proprio fan di quell’artista e lo vuole sentire in un contesto così meraviglioso come quello.

Perché c’è da dire che sicuramente il contesto in cui siamo aggiunge spettacolo allo spettacolo, per cui dopo arrivano, si organizzano, vengono anche da molto lontano, ma appunto, sono fan accaniti e il fatto che un fan accanito, venga a vedere tre o quattro concerti in un’intera stagione è qualcosa che ti torna. E se lo fanno significa che riconoscono un filo rosso che rispecchia il proprio gusto nell’offerta.

Una volta diffondevamo a fine Festival un questionario, una delle domande era “segnalaci l’artista che ti piacerebbe vedere su questo palco” e tantissime delle risposte che ricevevamo indicavano artisti che erano nei nostri orizzonti, che erano almeno possibili e in qualche caso in trattativa. Questo significa che si era creata un’identità “circolare” tra cartellone e pubblico di riferimento e penso sia la chiave del successo del festival.

RC: gli artisti sono curiosi anche di vedere il Vittoriale e conoscerne la storia ?

VC: tantissimo! Molti, e questo vale sia per gli artisti che per il pubblico. Diversi chiedono di fare la visita quantomeno al parco monumentale, alla prioria e alla casa di Gabriele d’Annunzio. Di solito vengono accompagnati da Rita che è l’altra socia che si occupa più della parte del contatto con gli artisti.

RC: a chi è interessato in modo particolare?

VC: ovviamente a Patti Smith che ha addirittura fotografato la stanza del Lebbroso e ha esposto quello scatto in mostra a New York. Si sa che lei è una grande appassionata di arte.

Anche David Byrne era rimasto molto impressionato dal museo “D’Annunzio segreto” che è lo spazio museale più recente. Lì sono stati esposti e valorizzati molti oggetti della dimensione privata di D’Annunzio, quindi abiti, scarpe e Byrne ha un gusto estetico estremamente raffinato e poi questo spazio è proprio nel retro dei camerini, quindi è facilmente visitabile. Lui poi sul suo blog personale ha scritto un articolo lunghissimo, pieno di fotografie, che poi è rimasto pubblicato per molto tempo e che raccontava la casa di D’Annunzio dal suo punto di vista.
E’ proprio bello vedere come loro siano affascinati e il pubblico molto interessato. C’è una convenzione che consente agli spettatori di avere un biglietto ridotto sulla visita del Vittoriale e tantissimi ne usufruiscono

RC: ho visto che ci sono ancora tre nomi da scoprire, puoi almeno dirci se saranno italiani o stranieri?

VC: allora quest’anno c’è una buona percentuale di italiani e in realtà oltre ai tre nomi da scoprire, siamo vicini ad un quarto. I tre sono confermati, devo solo aspettare l’ok per l’annuncio.

Il quarto invece è una trattativa ancora aperta e che spero si confermi, quindi in generale c’è un po’ d’Italia e un po’ di estero.

Viola Costa

RC: in generale di italiani non ne avete molti in cartellone.

VC: ti dico che questo sarà l’anno in cui ne avremo un po’ di più del solito, molto dipende dalle contingenze e da quello che dicevo all’inizio sulla direzione del festival.

RC: nel vostro cartellone c’è sempre una parte di jazz o comunque di musica sperimentale: l’anno scorso ad esempio c’era Nils Frahm e quest’anno torna Marcus Miller: come mai c’è sempre questa ‘deviazione’ dal resto?

VC:  il nostro cartellone nasce come prevalentemente di musicisti strumentali. Siamo passati attraverso una musica puramente strumentale sia jazz, che blues o sperimentale.

Ricordo un concerto strepitoso di Arto Linsdey totalmente noise per me meraviglioso. Questa parte penso sia estremamente coerente rispetto a quel discorso che ti facevo all’inizio: di qualità e di urgenza espressiva. Non amo i musicisti molto “muscolari”,  amo di più il musicista che va alla ricerca di sonorità che diano delle emozioni.

Per anni, quando mi chiedevano qual è l’artista che hai come sogno nel cassetto di portare al Vittoriale, non lo dicevo mai per scaramanzia, però adesso lo posso dire perché è venuto a suonare ed è Jeff Beck, il cui suono di chitarra per me è l’espressione massima di ricerca di qualità sonora.

Un motivo è anche che la mia formazione arriva dal teatro, ancora ci lavoro, e grazie a questo mi sono avvicinata alla musica jazz totalmente improvvisata e per anni mi sono occupata di quello. Avevo fondato anche un’etichetta di musica improvvisata e il Festival del Vittoriale nasce da una micro “costola” inserita nel 2009.

In quell’anno la Fondazione del Vittoriale aveva dato in gestione l’anfiteatro a delle società esterne per l’organizzazione della stagione estiva.

Io mi occupavo di jazz e venni contattata per acquistare un nostro concerto e da lì ci lasciarono, l’anno dopo, organizzare una settimana jazz che andò molto bene. Dal 2010 il loro rapporto terminava con la Fondazione e noi abbiamo presentato una nostra proposta di gestione da dove è nato tutto quanto. Come vedi il jazz c’entra! Eccome!

C’era e c’è uno spazio molto bello al Vittoriale che è il Laghetto delle Danze. E’ un laghetto a forma di violino e fu progettato da D’Annunzio con una piattaforma circolare che entra nell’acqua all’estremità del violino.

Alle spalle di questa piattaforma c’è una cascata creata dal Rio dell’acqua Savia e se alzi la testa mentre assisti al concerto, gli spettatori si siedono sul bordo del violino, in cima al violino si vede, proprio la prua della nave Puglia, questa nave da guerra donata della Marina militare che D’Annunzio aveva fatto trasportare e incastonare sul Monte di Casa, con la sobrietà che lo contraddistingueva(ridiamo ndr). Ti assicuro che lo spettacolo è unico.

RC: all’inizio parlavi di “sostenibilità” del festival: le istituzioni come contribuiscono?

VC: Devo dire che il Comune di Gardone, 1800 abitanti, è un comune “illuminato”, nel senso che noi abbiamo sempre ricevuto molto sostegno, sicuramente c’è un grandissimo sostegno.

E‘ un comune piccino il che può avere dei vantaggi e sicuramente anche degli svantaggi, però le forze dell’ordine, il sindaco, il vicesindaco, la giunta ci sostengono come possono dal punto di vista amministrativo, organizzativo e burocratico e sono sempre dalla nostra parte. Ci danno anche un sostegno economico per noi fondamentale, comunque commisurato alla grandezza del comune, percentualmente copre intorno al 3% dei costi ma per noi è vitale.

So che per loro ha un valore simbolico importante, quello del Vittoriale è un Festival tra i più importanti in Italia, fatto in un luogo incredibilmente piccolo, quindi con delle economie che vanno di conseguenza.

È l’unico ente pubblico che ci dà un contributo e per il resto c’è qualche sponsor privato anche loro assolutamente preziosi.
Con questi riusciamo a coprire dal 5 al 7% dei costi.

RC: e quante persone lavorano ogni sera al Festival?

VC: avevamo fatto il conto, ma ti direi che ce ne sono almeno tra quaranta e cinquanta ogni sera.

RC: ma è vero che siete solo in due ad organizzarlo?

VC: sì anche se in realtà ora siamo 2 e mezzo: io e Rita, che è mia sorella, che siamo soce e siamo le anime del Festival.

Lei si occupa di produzione, di tutto ciò che è la gestione degli artisti,l’accoglienza, la parte tecnica, i camerini, eccetera. Io mi occupo della parte artistica, comunicazione, gestione del pubblico, poi c’è da un paio d’anni una persona che con continuità durante l’anno anche se non con una continuità di ore, ci segue sia per la grafica che per gli aspetti di biglietteria che è Filippo.

Esternamente abbiamo l’ufficio stampa, il service e tutto lo staff tecnico che comunque è sempre presente con 4, 5 persone a seconda delle serate.

RC: che cosa ascolti o cosa ti è piaciuto ascoltare ultimamente?

VC: ascolto moltissima musica, molta grazie a mio marito ma ti voglio segnalare un gruppo che seguo da un paio d’anni, gli Esterina, sono toscani, li trovo veramente straordinari, ma proprio da pelle d’oca! Mi piacciono da tutti i punti di vista, il cantante ha una voce molto interessante e fortemente espressiva.

Cerco sempre di inserire qualche gruppo che come loro è a mio parere sottovalutato in apertura dei live, loro li avevo fatti suonare prima dei Calibro 35.

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