WILCO, “Cousin” (dBpm, 2023)

Neanche il tempo di fare decantare l’imponente “Cruel Country”, portato in tour in Italia giusto qualche mese fa, che i Wilco avevano in serbo un nuovo progetto. “Cousin”, il tredicesimo capitolo di un libro sempre in aggiornamento, è stato registrato da Tweedy e soci nel proprio Loft Studio di Chicago in un periodo di quattro anni. Soprattutto, con un produttore esterno importante quale la gallese Cate Le Bon, e la supervisione di Tom Schick (Ryan Adams, Norah Jones).

Ancora a bordo della diligenza del sempreverde Jeff il chitarrista Nels Cline, il tastierista Mikael Jorgensen, Glenn Kotche alla batteria, lo storico bassista John Stirratt e il polistrumentista Pat Sansone per un viaggio, stavolta, nei territori rock sperimentali che hanno forgiato capolavori come “Yankee Hotel Foxtrot” e “A Ghost Is Born” – dove tra l’altro trovavamo Jim O’Rourke, non a caso.

E infatti il folletto Le Bon porta in casa Wilco una bella ventata di novità e freschezza sognante, ma allo stesso tempo decadente già dall’opener “Infinite Surprise” con elementi barocchi, vortici rumorosi e una lirica eloquente di Jeff, “You’re worried/So am I/I’m sorry/I made you cry […] It’s Good To Be Alive/It’s Good To Know We Die“. Una composizione a strati che mi ha ricordato da vicino proprio “I Am Trying To Break Your Heart”. Segue un’ottima (e lennoniana) “Ten Dead” in cui però fanno capolino anche le ombre del Beck di “Sea Change”.

Siamo in panorami più classici nella doppietta successiva, con “Levee” (tra Fleetwood Mac e Patti Smith) e il singolo di lancio “Evicted” dove Neil Young è più di un padrino (“I’m never gonna see you again/I’m evicted/From your heart/I deserve it“). “A Bowl And A Pudding” l’avrei sentita perfetta dentro a “In Rainbows” dei Radiohead, mentre “Pittsburgh” declina genialmente piano e forte in una ballad tenuemente jazzy dalle chitarre scintillanti. “Soldier Child” bizzarramente cita nella melodia del ritornello “Johnny And Mary” di Robert Palmer (1980) ma suona come un classico dal loro “Being There” portato al dramma della nostra quotidianità: “Over, smiling at you/Wild like a tiger afraid/I fought like a child/Soldier fights to/Forget what it’s like/To be home“.

“Meant To Be” si tinge di atmosfere cow-folk dove la title track rimane l’episodio più immediato eppure tutt’altro che facile, pensando ai i R.E.M. di “Green”, grazie a un lavoro di squadra che è la forza dei Wilco anche dopo trent’anni di carriera. Menzione doverosa anche per artwork e collaboratori dell’album, dal figlio di Jeff Spencer al sassofonista Euan Hinshelwood; naturalmente anche Cate fornisce backing vocals, basso, tastiere. Pazzesca infine è l’opera floreale di copertina di Azuma Makoto come pure il booklet fotografico di Shiinoki Shunsuke.

Parliamo in fin dei conti dell’album più riuscito dei Wilco da “The Whole Love”, solo un grazie.

78/100

Foto in home di Peter Crosby