Viviana D’Alessandro Awards 2022

Grafica: Marco Gilli

Molti nel tirare le somme del panorama musicale di quest’anno si sono resi conto, come me, che negli ultimi undici mesi è emerso molto poco di interessante dalle scene musicali alle quali facevamo riferimento. Tanto è dovuto al fatto che abbiamo appena assistito ai primi veri esempi di musica creata in pandemia (e no, How I’m Feeling Now non conta, infatti l’ultimo disco di Charli XCX lascia molto desiderare) e alla mancanza di un sound che riesca a fissare bene il 2022 in questo decennio, almeno musicalmente parlando. La maggior parte delle classifiche che mi è capitato di leggere, compresa la nostra, ha ceduto qualche posizione che prima era esclusivamente riservata alla musica anglofona ad altri artisti, altre lingue, altri mondi. Anche la mia è così, almeno in parte. Spero che per la fine del prossimo anno i miei awards si saranno trasformati in una colonial revenge fantasy migliore dei mondiali in Qatar.

10. Horse Lords, “Comradely Objects” (RVNG Intl.)

Ho passato gran parte di questo 2022 nella mia “comfort zone musicale”, un non-luogo oscillante fra il post-punk jazzy degli inglesi This Heat! e gli incalzanti ritmi teutonici del motorik – e questo è il risultato. “Comradely Objects” è un disco che mangia krauti(smi), nel senso che il quarto lavoro degli americani Horse Lords funziona proprio come l’espressionismo tedesco: non dice nulla, ma lo fa in modo talmente gioioso che alla fine non importa.

9. Mathilde Nobel, “Found on Land” (Nous’klaer Audio)

L’esordio di Mathilde Nobel è il primo di una corposa serie di progetti “accademici” menzionati in questa lista. È un’indagine sulla percezione interna dello spazio-tempo musicale che non dimentica il centro emozionale di ogni ricerca teorica. Deconstructed pop meets Bergson.

8. Caterina Barbieri, “Spirit Exit” (Warp)

Mi sento di dire che a questo punto della sua carriera Caterina Barbieri è diventata uno dei simboli per eccellenza di chi in Italia si sente vicino a un certo tipo di elettronica esterofila e sperimentale, forse a tratti in modo per me troppo manieristico. Da queste ultime otto tracce però ne esce eterea e inquietante come una sorta di chiromante meccanica.

7. Heith, “x, wheel” (PAN)

Tematiche post-human si mescolano al medieval-folk e prog più spuri ed esoterici. Un disco che rincorre l’ascoltatore come un serpente uroborico.

6. Rosalìa, “MOTOMAMI” (Columbia Records)

SAOKO, PAPI, SAOKO!

5. Mabe Fratti, “Se Ve Desde Aquì” (Unheard of Hope)

Nel suo secondo album, la violoncellista guatemalteca riesce nell’impossibile impresa di tirare fuori un suono scheletrico e desertico da uno strumento a corde.

4. Valentina Magaletti, “A Queer Anthology of Drums” (bié Records)

Come dicevo l’anno scorso a proposito dell’ultimo disco dei Tomaga, Valentina Magaletti si riconferma la regina indiscussa delle percussioni “post-tutto”; infatti, questo quarto posto sarebbe potuto andare benissimo a “Paste”, il secondo album del trio post-rock londinese Moin di cui fa parte Magaletti insieme ai musicisti Joe Andrews e Tom Halstead. Per me, però, la batteria di Magaletti dà il meglio di sé nell’essenza ritualistica di queste tracce free-improv.

3. Lucrecia Dalt, “¡Ay!” (RVNG Intl.)

Rumba, bachata e bolero vengono distorte dalle maglie alienanti e fantascientifiche dell’elettronica. Un mix fra folk tradizionale e musica d’avanguardia ancora intonso.

2. Pan Daijing, “Tissues” (PAN)

“Tissues” è un’opera multimediale registrata per la prima volta nel 2019 nella galleria sotterranea della Tate Modern di Londra. Ha tutti gli ingredienti per essere uno dei tanti esercizi di sadica tortura dell’ascoltatore medio di elettronica d’avanguardia: opera lirica, drone taglienti e sferraglianti, personaggi ritagliati dalla tradizione mitologica cinese. Nonostante questo, la violinista di Guiyang è riuscita a comporre un’incantevole suite quadripartita per nulla ostica: l’esperienza di deep listening più soddisfacente che farete quest’anno.

1. Marina Herlop, “Prypat” (PAN)

Il mio disco dell’anno non poteva che essere un lavoro che si incastra perfettamente nella crepa fra pop e ricerca sperimentale ma che, come abbiamo detto a proposito del nostro Best of del 2022, non si prende mai troppo sul serio. “Prypat” è un disco che ruota intorno all’idea di un linguaggio immaginario che per giocoforza fa affidamento sulla ritmicità delle sillabe e sulle potenzialità della voce umana di piegarsi fino a divenire aliena, creando nel frattempo un sound mercuriale che si assembla e dismembra a suo piacimento. Rubando l’espressione “make kin” dalla filosofa e biologa Donna Haraway, potremmo dire che “Prypat” riesce a stabilire connessioni polifoniche oltre il ruolo comunicativo del linguaggio.

I MIGLIORI EP DELL’ANNO

June McDoom, S/T (Temporary Residence Ltd.)

Sun’s Signature, S/T (Partisan Records)

8ULENTINA, “Hysteria of Origins” (self-released)

Springtime, “Night Raver EP” (Joyful Noise Recordings)

JPEGMAFIA, “OFFLINE!” (PEGGY)

Daniela Lalita, Trececerotres (Young)

I MIGLIORI LIVE DELL’ANNO

black midi @ Santeria Toscana, Milano (MI)

Moor Mother @ Angelo Mai, Roma (RO)

Heith @ La Torre (Node Festival), Modena (MO)

PLAYLIST 2022

COPERTINA DELL’ANNO

La copertina dell’anno va a “Cántaro“, l’esordio della musicista sperimentale spagnola Adelaida. La foto e la direzione artistica sono di Bo Bannink.

Un saluto a Klaus Schulze, Mark Lanegan e chiaramente a Julee Cruise e Angelo Badalamenti.

(Viviana D’Alessandro)