A Parigi i Big Thief regalano uno show elettrizzante

Big Thief Live @ La Cigale, Paris, June 6, 2022

Il tour europeo estivo 2022 dei Big Thief inizia con due concerti a Parigi. Nella loro seconda performance parigina l’energia della band si sprigiona da ogni singola nota. I membri del gruppo hanno un’intesa mozzafiato: sembrano suonare l’uno per l’altro e pare che la loro potenza provenga dal suolo sul quale si muovono con sicurezza e trasporto. Sono la terra e le sue vibrazioni a mettere in moto il quartetto e a condurlo, battuta dopo battuta, in un territorio astrale. Lo spettacolo, intimo e toccante, diviene ben presto un rito collettivo per i circa milletrecento che affollano La Cigale, storica sala concerti della capitale francese.

Già dai primissimi arpeggi di “Terminal Paradise”, opening della scaletta, è evidente che la band è ispirata e in una sorta di trance: Adrianne Lenker interpreta il brano con una voce vellutata e sabbiosa, spingendo sull’acceleratore ogni volta che vuole e accarezzando le parole di cui si compongono i chorus. Il dolce spegnersi del brano conduce all’esplosione elettrica di “Flower of Blood”, che con la precedente condivide la stessa particolare accordatura della chitarra di Lenker. Il brano, uno dei più sorprendenti dell’ultima prova in studio del gruppo, Dragon New Warm Mountain I Believe in You, è una scarica di tuoni e di luci. James Krivchenia è un batterista eccelso, non semplice metronomo del gruppo ma punto focale della dimensione catartica della musica che il quartetto propone. Ogni piccolo particolare, come accade per tutte le ottime band, è, infatti, fondamentale e contribuisce a perfezionare il disegno generale. Le precise e dilatate piogge di note e gli accordi decisi ed eleganti della chitarra di Buck Meek forniscono ai brani una pregevole tridimensionalità che il bassista Max Oleartchik arricchisce ulteriormente con il suo approccio composto e accurato.

È quasi un flusso di coscienza a legare i quattro musicisti tra loro, rapiti dalla sensibilità e dalla caparbietà della loro leader: è un incantesimo ben riuscito. Tutto nasce da un precario equilibrio tra istintività e labor limae, una “complicata semplicità” che si esplica nei difficili “motivi” chitarristici di Lenker, musicista eccezionale, che si legano così genuinamente alle note del suo “complice” Buck Meek, la cui chitarra è altrettanto vulcanica. È una fluidità frutto di una natura benigna, una natura che nei brani del gruppo è quasi sempre metafora di un mistero che pare essere a portata di mano ma che è così difficile da afferrare e da comprendere nel momento in cui si riesca a toccarlo. Una desolata solitudine “affolla” le canzoni del gruppo; è una solitudine, tuttavia, che Adrianne spazza via richiamando persone con nomi veri o inventati, descrivendo minuziosamente luoghi immaginari o reali, viaggiando nel passato e nel presente con la mente e col corpo. Per esempio la Caroline e la Violet della magica “Cattails”, che chiude il concerto, percorrono una natura mistica che la cantante nomina nel momento stesso in cui vi si trova davanti. La poetica “Mary”, il primo dei due brani dell’encore, si rivolge a una persona che sembra ormai persa, affondata nelle sabbie del tempo, ma che vive e si muove nel brano. Si viaggia nel tempo, tra passato e futuro, anche nel pezzo inedito ”Sadness as a Gift”, un gioiello country-folk malinconico e limpido: ”Leaning on the window sill / You could write me someday and I think you will / We could see the sadness as a gift and still / Feel too heavy to hold”.

Il legame che i Big Thief instaurano con il loro pubblico è raro: sembra davvero di assistere a un intenso transfert di emozioni. Ognuno fa i conti coi propri fantasmi, ognuno si interroga sulle gioie e sulle delusioni della propria vita, ognuno si perde nelle urla liberatorie che Lenker dissemina – come tracce sonore in un percorso tortuoso – qua e là, come nella romantica “Black Diamonds” e nel finale della ammaliante “Contact”, ognuno si immerge negli energici assoli che caratterizzano l’outro di “Not”, quando Adrianne e il suo strumento si fondono insieme in un unico corpo, e i bridge strumentali di “Simulation Swarm”. Il pubblico è caldissimo e apprezza, sedotto sia dai momenti più cupi, come è la versione slow-core di “Dragon New Warm Mountain I Believe in You”, che su disco è un folk-pop dolcissimo e sul palco è aggressiva e rovente, sia da quelli maggiormente solari, come è la pregevole “Certainty”. Un momento molto intimo è “Sparrow”, il cui testo dal contenuto biblico è amplificato dallo splendido abito che il gruppo gli ha cucito addosso, una performance che assume i caratteri di un rituale purificatorio. Altrettanto convincenti sono le performance di “Dried Roses”, arricchita da una batteria dall’andamento marziale, e la fantasmatica “From”. Le scoppiettanti “Masterpiece”, da sempre un momento toccante negli show della band, e “Shoulders” fanno cantare e saltare l’intero teatro.

Nelle composizioni dei Big Thief il tema della sessualità lato sensu è trattato con una attenzione e una sensibilità singolari, costantemente in bilico tra carnalità e spiritualità, tra astrattezza e concretezza. “And you wanna be your wife / So I hold to my knife / And I steal your letter”, Lenker canta nella seducente “Not a Lot, Just Forever”, brano tratto dal suo disco solista più recente, qui suonata da Adrianne con la chitarra elettrica e interpretata visceralmente da lei e dalla band. Una parte della famiglia di Lenker fa la sua comparsa sul palco: si tratta del fratello di Adrianne, Noah, che in questo brano suona la jaw harp, strumento non comune, utilizzato anche nel country e nel folk-rock. Il legame con la famiglia, così a fondo esplorato in alcuni dei brani, e il contatto con qualcosa di altro, spesso sconosciuto e difficile da esplorare, sono alcuni dei temi fondamentali che affronta la band. Nella onirica “From” vi è il disagio di esperire il proprio corpo forse dopo un abuso, tra il dolore e la reticenza della narratrice, mentre nella ipnotica “Simulation Swarm” Adrianne si rivolge al fratello che non ha mai conosciuto. Questo fluttua nel finale del brano mentre la narratrice lo chiama: “Little Andy, soft in your newborn skin, only one / Little Andy, will you return again? / I believe we can renew / And you could be my brother once again”. Da sempre i Big Thief cercano di disegnare questo tipo di incontri, sia con le presenze di cui cantano sia con il loro pubblico.

(Report e foto di Samuele Conficoni)