AFA n. 21: BANTOU MENTALE, “Congo Animal” (Glitterbeat, 2020)

Il disco è uscito un mese fa e per quello che riguarda tutte le produzioni discografiche (ma non solo) di questo periodo, è inevitabile l’attenzione a tutti gli aspetti che riguardino il Covid-19: l’emergenza sanitaria e la diffusione della pandemia sono quelli che saltano subito all’attenzione delle persone, ma il “virus” lascia una specie di devastazione anche quando ha fatto il suo corso (va detto che in questo momento specifico ancora non sappiamo nulla sul virus del resto) e segni indelebili per quello che riguarda la società in cui viviamo, l’economia e poi il fisico e la psiche di ognuno, le relazioni tra le persone.

Bantou Mentale è un progetto che per come è stato concepito ha già spinto gli ascoltatori a fare una esperienza sensoriale che andasse letteralmente al di là, uno stato di trance consapevole dove Kinshasa e il Congo vengono considerati qui come il terreno fertile dove affondano le radici della natura umana e che si propagano poi in tutto il mondo, una sola terra tutta interconnessa e una sola specie animale, che poi sarebbe la razza umana che è parte essa stessa di tutto quello che la circonda.

Dopo il primo EP e l’eponimo LP pubblicati nel 2019, il combo formato da batterista e percussionista Cubain Kabeya, il vocalist Apocalypse, il chitarrista Chicco Katembo e il fondamentale producer Liam Farrell aka Doctor L. ritorna con lo stesso sound pregno di spiritismo e cyberpunk su Glitterbeat con il disco “Congo Animal”. Meno sperimentale, osa infatti sul piano musicale di meno rispetto ai lavori precedenti (“Bantou Mentale” era tempo passato, presente e futuro allo stesso tempo, una specie di opera letteraria di William S. Burroughs) il disco riprende il concept sviluppato dal gruppo fino a questo momento, così come l’impegno politico e si eleva a un livello più alto per quello che riguarda la maturità compositiva e poi superando gli orizzonti anche geografici e guardando a una dimensione più ampia.

Kinshasa e Chateou Rouge (Parigi) sono allo stesso tempo sia due punti su una carta geografica che due luoghi densi, dove la vita delle persone si impasta con la terra che calpestiamo e tutti gli oggetti che ci circondano, così che il “contagio” si riconosca come un rituale che sia più antico che la stessa esistenza dell’uomo. Ci manteniamo a distanza di sicurezza in una lotta contro un virus che ha bisogno di passare di persona in persona per sopravvivere, ma questa distanza è allo stesso tempo insostenibile perché abbiamo bisogno uno dell’altro non solo per sopravvivere, ma per vivere e dare un motivo a un’esistenza che non è solo individuale, ma è storia di una comunità e un pezzo della lunghissima storia dell’uomo. Questa vicenda segna così una spaccatura profonda che abbisogna per sanarsi di cure esperienziali e questo disco ha questo senso, opera chirurgicamente e in una maniera mistica, mettendo assieme vecchie tradizioni e nuova “scienza”, stimolando i nostri sensi e risvegliando quelli che sono i nostri istinti primari e quelli fondamentali, che sono la conservazione, la condivisione e il soccorso, la libertà. “Congo Animal” ci cura e solletica questi istinti con un sound afro-beat all’avanguardia, loop di synth e set di basso e di batteria funky su un impianto di elettronica che sono fondativi di una nuova controcultura rave sotterranea. Quella che rinnovando radici che già affondano in un terreno ben solido, segnerà una rinascita spirituale del genere umano o quantomeno della musica che siamo stati abituati ad ascoltare fino a questo momento.

78/100

(Emiliano D’Aniello)