LOMELDA, “M for Empathy” (Double Double Whammy, 2019)

 Lomelda è un manifesto per un nuovo cantautorato che fa rima con fugacità, consapevolezza e impressionismo. Le caratteristiche sono nella brevità,  velocità e intensità di scontornare un ritratto, un’idea, con brani brevi e incisivi.

Una sigla, una parola chiave per rappresentarla potrebbe essere proprio incarnata nell’idea di “impressione”.

La sua è una scaltrezza autoriale da detective, infatti i pezzi sono tesi, lineari e costruiti su una serie di concetti da un potenziale filosofico immenso.

Esempio chiaro è “Bunk”:

“If I crawl up into your bunk

Bet it would break from our weight

If you call before the sun

Bet I would wake beamin’ to see your name

Bet I would fly reachin’ for your light”.

Volare ”verso una luce” è un sinonimo narrativo perfetto su cui si può giocare con l’idea di impressionismo vagante di una cantautrice geniale.

L’idea è di trovarsi davanti ad una Gustave Caillebotte (che si è ritrovato pittore per caso) senza pennello ma con una chitarra in mano. L’impressionismo di Lomelda infatti è precisamente nella capacità di lasciare le canzoni in una stasi tra l’in-finito (nel senso di non finito) e l’imperfetto.

Hannah Read, per tornare in una sfera più pop, possiamo dire che disegni delle strisce, dei fumetti brevi che nello scazzo della sua costruzione lo-fi, diventano un fulgido momento di salvezza.

In “Slide” emerge la salvezza come un’impressione, un attimo necessario che dura il tempo di uno squillo di telefono:

“Can’t help that now, it’s how I felt then

My friend called me on my cellphone

Normally I would ignore it

Somethin’ let me slide

And saved my life”.

La visione che Lomelda crea abbraccia il presente, il futuro e il passato e introno ad essi crea una bolla, che probabilmente ha le dimensioni della sua stanza, dei suoi lunghi viaggi e trasferimenti.

Tutto condensato in 16 minuti, un’impresa eroica.

Riflettere sull’oggi della musica, sull’istante fugace che non si coniuga solo con l’instagram-pop ma anche con l’audacia incredibile e sfacciata di una cantautrice unica.

Mark Twain ha scritto: “Have suffered a great many misfortunes, most of which never happened” ed è in questo territorio che si muove l’artificio del poeta, del cantautore, in un territorio tra il vero e il verosimile.

Lomelda ci spiega le sue sofferenze, i suoi incredibili viaggi con una capacità di introspezione assoluta che parte, muore e rinasce in un uso semplice della chitarra e in delle linee di voce spezzate, soffocate in un graffiare sincero.

La struttura microscopica del costruire testi è la più grande attestazione di un’intelligenza musicale, che pur sfruttando solo una semplice chitarra, si adatta perfettamente al modo in cui oggi vanno comunicate e rappresentate le emozioni.

Lomelda è l’esperienza di un istante.


74/100

(Gianluigi Marsibilio)