LITTLE SIMZ, “GREY Area” (Age 101 Music, 2019)

L’area grigia: quel periodo della vita nel quale vanno definite le direzioni.

Deve essersi sentita così Simbi Ajikawo, non ancora 25enne, nel bel mezzo di un tour mondiale coi Gorillaz, lontanissima da casa e vedendo per la prima volta la sua passione di una vita diventare per davvero qualcosa di assimilabile ad un lavoro full-time.

Nel mentre tanti apprezzamenti, anche da gente un ninnino influente, come Kendrick Lamar e Lauryn Hill, altrettanta ansia coltivata in albergo da sola, tra un’esibizione e l’altra e, a quanto pare, anche tantissimo tempo ad ascoltare Fela Kuti, la leggenda nigeriana, pioniere dell’afrobeat.

C’è un poco di tutto in “GREY Area”, il suo terzo album: neo-soul, funk, hip hop e ovviamente una spolverata di grime, dove tutto è iniziato. Merito della duttilità di Inflo, unico produttore accreditato e amico di infanzia di Simz, ma anche dei diversi e azzeccati feat presenti. “GREY Area” è molto più analogico e caldo del classico disco grime e a dimostrarlo c’è anche il tipo di live che accompagna il disco, molto più simile come struttura a quello di un Saba che a quello di uno Stormzy.
Ci sono anche più più sfaccettature rispetto agli standard grime, perché pezzi come “Therapy”, “Shubert Sunset” e “Flowers” (che quanto fa male, se siete stati fan di Amy Winehouse) son troppo vulnerabili per un genere da sempre caratterizzato da bangerz e della competizione tra MC. Perfettamente utili alla causa sono le varie comparsate sparse durante il disco, tra cui spiccano Little Dragon e Michael Kiwanuka.
Non che manchino momenti di vera e propria affermazione, quasi aggressività, come “Offence”, dove Little Simz si presenta come “Jay-Z on a bad day / Shakespeare on my worst days” e “Boss”, che ricorda un poco il vecchio Kanye West.

Simz -come i grandissimi- accelera, rallenta, grida, sussurra e piega il tempo al volere del suo flow. C’è del virtuosismo, ma mai fine a sé stesso.
Ascoltare il disco è come leggere un romanzo di formazione o guardare un coming of age, che si risolve pian piano in una sorta di catarsi, di guarigione. La si percepisce soprattutto in “101 FM”, il pezzo “più London” di tutto il disco, un improvviso ritorno a casa.

Se il presente è grigio, il futuro di Simbi è probabilmente d’oro. E pure quello di noi che l’ascoltiamo.

85/100

(Carmine D’Amico)