OBJEKT, “Cocoon Crush” (PAN, 2018)

Sembra ieri quando con il suo LP di debutto “Flatland” TJ Hertz aveva portato a compimento e chiuso l’annata della techno più oscura e claustrofobica che aveva spadroneggiato a Berlino e nel resto d’Europa per mezzo decennio. Il cervellotico artista inglese nato a Tokyo, poi cresciuto a Oxford prima del trasferimento nella capitale tedesca, già in quel disco, aveva posto le basi per una deviazione verso l’imprevedibilità IDM, le allucinazioni abstract e le ineffabili contaminazioni dei nuovi guru della techno made in UK.
Era il 2014, e anche “Flatland”, come questo attesissimo “Cocoon Crush” era uscito per PAN, la camaleontica label techno-sperimentale di Bill Kouligas che in questi giorni festeggia i suoi dieci anni di attività e che – per chi non vi si fosse mai imbattuto – ha lanciato e pubblicato nomi del calibro di M.E.S.H., Lee Gamble, Helm, fino ad arrivare, più di recente, ad Amnesia Scanner, Yves Tumor e Puce Mary, nostra artista copertina dello scorso ottobre.
DJ e producer tra i migliori in circolazione che i più attenti seguaci delle traiettorie avant del mondo techno conoscono bene, Objekt continua a modo suo quel percorso singolare e da “apripista” delle nuove tendenze che dalle impurità dubstep della prima era con cui aveva esordito nel 2011 l’hanno portato a scrivere alcune delle tracce più originali e innovative della scena elettronica contemporanea sempre più incerta e solo apparentemente priva di una direzione.
Meticoloso ingegnere informatico poi assunto per un periodo da Native Instruments in quel di Berlino che ha animato in alcuni degli eventi più memorabili degli ultimi anni guadagnandosi un’uscita per la label del leggendario Tresor, con il primo estratto “Secret Snake” aveva ancora una volta rimescolato ancora una volta le carte. Dopo l’uscita nel 2017 di “Theme From Q”, uno degli inni da club più intriganti dell’anno – e piuttosto convenzionali per gli standard di Objekt – TJ ha presentato il nuovo LP con una traccia che riassume al meglio l’estetica sci-fi e post-tecnologica dell’album. Anche nei momenti più ostici (la oneohtrixiana “Dazzle Anew” e l’estasi hi-tech con drammatica coda post-jungle di “Runaway”) e trame sintetiche acquistano un calore quasi umanizzato e umanizzante, che ha il suo culmine, in termini emozionali negli ultimi minuti di “Secret Snake” e nelle atmosfere più respirabili delle due versioni di “Lost and Found”.

L’aria è sempre piuttosto pesante e malsana e Objekt da osservatore androide accoglie nei suoi scenari elementi più vividi e naturali in tracce che restano introspettive e a loro modo sembrano emerse da panorami aridi e desolanti. Lui parla di approccio organico, ma permangono sinistri sensi di vuoto e quell’approccio tra abstract e IDM in grado di spiazzare, emozionare e alienare, come riuscivano a fare due decenni fa Aphex Twin, Boards of Canada, primi Autechre e discepoli.
Due decenni dopo le nuove coordinate della techno sperimentale sono assai più indecifrabili e difficili da enucleare, ma per farsi un’idea basta ascoltare o subire l’apnea di “Rest Yr. Troubles Over Me” o entrare in fase R.E.M. con “Nervous Silk”. I tempi e le ritmiche sono sempre spezzati e destrutturati, la cassa non asseconda mai impulsi vagamente ballabili nemmeno in “35” con quella stortissima andatura 2step.
“Cocoon Crush” ha il suono dell’isolamento tecnologico minacciato da una natura ancestrale e al contempo deturpata, la colonna sonora perfetta di una realtà sempre più contraddittoria, elusiva e imperscrutabile.

89/100