Cinque domande a Paula Scassa aka Paula Horror (J.C. Satàn)

In verità questa intervista si apre con una vera e propria “correzione” o comunque diciamo introduzioni e precisazioni doverose da parte del soggetto intervistato e che io ho voluto giustamente riproporre senza nascondere le mie imprecisioni. Anche perché del resto una delle ragioni che mi ha spinto a contattare gli J.C. Satàn è stato proprio il mio interesse a sapere di più su di loro. Quindi va bene così.

Quello che conta al contrario è che Paula Scassa aka Paula Horror, argentina ma italiana di adozione e componente storica dei JCS di cui è autrice dei testi, ci abbia invece fornito in questa intervista anche una ricostruzione storica dei fatti e di come il progetto sia nato e si sia evoluto negli anni.

Con la stessa cortesia e simpatia, Paula ha risposto a tutte le domande che le sono state rivolte e nelle quali parliamo di quella che è una delle band manifesto della scena alternative francese (di cui in Italia si parla ingiustamente poco o nulla) e legata in questo caso alle attività dell’etichetta Born Bad Records.

Vi propongo di seguito quindi il contenuto integrale di questo scambio, rinnovando i miei ringraziamenti a Paula come a tutti i componenti del gruppo J.C. Satàn e augurandomi presto di poterli vedere suonare dal vivo.

Buona lettura.

Ndr. Vi ricordo che il loro ultimo disco (“Centaur Desire”), di cui abbiamo anche parlato su queste pagine è stato pubblicato lo scorso 2 marzo. Su Born Bad Recors, ovviamente. Take a listen!

1. Ciao Paula. Ti ringrazio per questa intervista a nome mio e di tutta la comunità di Kalporz. Cominciamo dall’ultimo disco, “Centaur Desire”. Per la prima volta, correggimi se sbaglio, il disco è stato registrato dal gruppo nella sua interezza e non solo da Arthur e Dorian. Come mai è stata fatta questa scelta rispetto al passato e che cosa ritieni abbia dato in più rispetto ai dischi precedenti? L’apporto è stato relativo solo le fasi di registrazione o anche sul piano della composizione delle strutture delle singole canzoni? Si può dire che avere lavorato in questo modo potrebbe dare qualche cosa in più anche poi nelle prossime performance dal vivo? In ultimo se questo può segnare a tutti gli effetti l’ingresso in una nuova fase.

PAULA. Ciao anche a te !:)

Allora, per iniziare, penso che la nostra bio sia un po’ confusionaria e non spieghi molto bene.

Solo per dare un po’ di contesto e capire poi il resto, ti spiego brevemente la storia del gruppo, che puoi evitare di pubblicare se vuoi (Ndr. Io invece l’ho pubblicata volentieri!).

Io ho abitato a Torino per una decina d’anni : verso il 2005-2006 ho conosciuto Stefano (cantante dei Movie Star Junkies), che organizzava concerti a Torino, soprattutto al Velvet Club, e ho iniziato a dargli una mano e quindi a conoscere e incontrare gruppi da tutto il mondo.

Arthur era in tour con il suo gruppo di Bordeaux, i defunti Meatards, e stettero qualche giorno a casa mia e così incominciò la nostra amicizia.

Andai a trovare i miei «nuovi» amici a Bordeaux un paio di volte e un giorno, verso maggio 2009, Arthur mi chiese se non volessi cantare su delle canzoni che aveva scritto, ma che non trovavano posto negli altri suoi gruppi più «garage», più «punk». Erano canzoni molto più «pop» diciamo e non sapeva che parole metterci. Io non avevo mai fatto parte di nessun gruppo e all’inizio non c’era neanche la volontà di crearne uno, semplicemente di finire delle canzoni che erano a metà. Per divertimento.

Tornata a Torino queste 4 canzoni sono state pubblicate nel nostro primo 7 pollici, edito dall’italiana Shit Music for Shit People.

Poco più tardi, direi inizio 2010, l’americana Slovenly ci dette l’opportunità di pubblicare un LP intero, ma in cambio dovevamo dare vita a un vero gruppo, per fare tour e vendere i dischi. Cosi decidemmo di fare un gruppo metà italiano, metà francese e iniziammo a provare nella stalla di Boto (Movie Star Junkies) nella campagna cuneese. Di quel gruppo originario, solo Alice Ronzini (bassista di JCS fino al 2017) è rimasta al nostro fianco.

Dorian si aggiunse a noi per il nostro primo tour in settembre 2010, Romain prese ufficialmente posto dietro la batteria in aprile 2011. Gaspard ha sostituito Alice al basso poco meno di un anno fa.

Il metodo di registrazione è stato sempre lo stesso dall’inizio e non è mai cambiato, neanche in questo album: Arthur compone tutta la musica e poi insieme mettiamo insieme i miei testi.

Arthur ha sempre registrato con l’aiuto di Dorian (suo coinquilino) e han sempre voluto far tutto da soli, con i metodi e i mezzi a disposizione. Per questo all’inizio non c’era una vera batteria, perchè non avevano i mezzi per registrarne una e poi perchè all’inizio volevamo far le cose anche più velocemente e quando avevamo tempo.

Non ci siamo mai chiusi in uno studio per registrare e non abbiamo mai chiesto a nessuno che ci aiuti. Per l’ultimo disco Romain è alla batteria perchè con gli anni Arthur e Dorian hanno imparato molto e hanno potuto accumulare microfoni e migliore instrumenstazione per registrare una vera batteria. Ma il metodo è sempre più o meno lo stesso, si registrano le canzoni che Arthur compone. Non è una registrazione live.

Il gruppo vero e proprio lo si vede nei concerti: le canzoni sono sempre prima registrate intimamente diciamo, e poi scegliamo tutti insieme che canzoni vogliamo suonare live e le adattiamo (per esempio in quasi nessuna registrazione ci sono tastiere, o diciamo poche, Dorian poi adatta melodie di chitarre o suoni alle sue tastiere per i live).

Quindi per finire, non è un disco live e non è stato composto dal gruppo (anche se per forza ci sono stati dei cambiamenti o dei suggerimenti da parte del gruppo durante la registrazione). Il metodo è sempre lo stesso dal primo giorno, da quando non esistevamo ancora: Arthur crea la musica e io i testi.

2. Penso che il progetto J.C. Satàn costituisca qualche cosa che abbia delle caratteristiche proprie. Effettivamente il vostro sound è un qualche maniera “tipico”, ma difficile da catalogare con una etichetta specifica. Probabilmente userei la definizione generica “garage-punk” ma mi pare evidente che questa potrebbe anche confondere chi non abbia mai ascoltato i vostri dischi. Come descriveresti il sound J.C. Satàn? A parte questo, chi riconoscete come principali influenze (musicali e non) e se c’è un filone musicale del quale vi sentite parte integrante. Questo sia per quello che riguarda la Francia che l’Europa in generale.

PAULA. Penso che sia molto difficile catalogare la nostra musica, di solito diciamo «pop» o «pop-rock».

Dall’inizio abbiamo composto canzoni che non trovavano posto nei gruppi «garage» o «punk». Ci sentivamo parte di una scena garage-underground europea perchè i gruppi che andavamo a vedere in concerto e i nostri amici facevano parte di questa scena qui, ma musicalmente noi ci sentivamo molto più affini a qualcosa di più mainstream e melodico, come potevano essere le Ronettes e la musica Motown, oppure i Pixies oppure ancora Queen of the Stone Age.

Le influenze sono tutta la musica che ascoltiamo da quando abbiamo iniziato ad ascoltare musica, non possiamo discernere i Country Teasers o i Gories o i Beatles o GG Allin.

Ci sarà forse una canzone che ti fa pensare di più a qualcosa che fa parte del tuo bagaglio musicale, è normale descrivere qualcosa di nuovo usando termini e paragoni conosciuti. Magari vedrai qualcosa che noi neanche riconosciamo. Per questo è difficile parlare di influenze particolari o dare un nome esatto o un’etichetta. Il suono poteva essere lo-fi ma le melodie erano ricche e ricercate sin dall’inizio.

3. Torniamo su “Centaur Desire”, ma senza abbandonare parte del tema toccato nella domanda precedente. Intanto la prima domanda è come mai avete scelto specificamente questo titolo e se avete lavorato sviluppando il disco attorno ad un concept e una serie di contenuti particolari. Se c’è un filo comune tra le canzoni (musicalmente sicuramente sì a mio parere) e quale. Secondariamente, sbaglio se dico che comunque ci sia un imprinting ispirato a dei contenuti tipici della dark wave. Una certa estetica diciamo “decadente” e allo stesso tempo romantica? Forse fatalista. Adesso farò una domanda forse molto stupida, ma questo tipo di sfumatura si può dire che sia un qualche modo qualcosa di comune nella canzone francese sia rock che “leggera”?

PAULA. Il titolo del disco è nato quando ho trovato abbandonata per terra la cartolina del centauro. Volevo utilizzare questa immagine per una copertina di un disco. Avevo contemporaneamente un testo che parlava di una donna femminista che era sessualmente attratta dagli uomini macho e amava la sottomissione a letto, quindi ho associato l’immagine trovata per terra a questo testo ed è nata «Centaur Desire».

Ma il disco non è un concept record, i testi non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro. Ci sono testi inspirati da incontri (“Erika”) o testi che parlano della vita di tutti i giorni (“No Brain No Shame”) o ancora testi critica alla società (“Lies” o “Communion”, che è una critica alla religione, in particolare a quella cattolica).

Siccome io sono Argentina e ho vissuto la maggior parte della mia vita in Italia, l’inglese non è la mia lingua madre, quindi ho sempre trovato più semplice scrivere piccole storie e poi tradurle in inglese, dato che non sono capace a giocare con la musicalità della lingua.

In generale tutte le canzoni sono piccole storie a parte, c’è anche molta inspirazione religiosa (visto che la religione ha fatto parte intensamente della mia vita pre-adolescianziale).

Se vedi decadenza, è anche forse legato alla vita di tutti i giorni: i concerti, l’alcool, le lunghe nottate a far festa, i down che ne seguono. Ehehe…

Per quanto riguarda la musica francese io non sono la più adatta a parlartene, ma per quanto riguarda quella italiana molte volte mi sono sentita inspirata, soprattutto per le canzoni scritte in italiano. «Libera» volevo suonasse veramente come una canzone della musica leggera degli anni 60-70, ultimamente mi sono messa a riascoltare molto Lucio Battisti. E c’è una vecchia canzone che si chiama «Italian Summer» che è stata scritta pensando a Gianna Nannini e all’inno dei Mondiali 90! Eheh.

4. Come considerate la attuale scena musicale “alternative” francese. Devo dire che anche grazie proprio a voi, che seguito già da un po’ di tempo, ho ascoltato qualche disco del giro della Born Bad Records. Tipo Vox Low oppure Forever Pavot… mi sono sembrati artisti molto interessanti. Conoscevo per quanto riguarda la Francia già i Liminanas e i Dead Horse One (i primi che mi vengono in mente). Chiaramente gli Ulan Bator che si possono definire per metà italiani a questo punto. Lo stesso vale per Francois Cambuzat. In Italia sinceramente non sembrerebbe un buon momento: paradossalmente la nuova generazione appare essere devota a forme di musica pop della fine degli anni ottanta che, mescolate a una estetica indie imperante ovunque, si traducono in qualche cosa che considero lontanissimo da principi come alternative oppure controcultura. Cosa mi potete dire della Francia e in particolare per quanto vi riguarda? Non è che per caso riceviate più feedback dall’estero che dai vostri connazionali? Lo chiedo anche perché probabilmente la storia della musica francese dal dopoguerra ad oggi non considero sia molto differente da quella italiana. Abbiamo avuto grandi cantautori e molti anche impegnati su tematiche sociali e politiche e poi una scena relativamente prolifica per quello che riguarda la musica progressive e questi per tutti sono generalmente considerati i momenti “più” importanti. Riconoscete (al di là più del gusto musicale di ciascuno) che questa mia ricostruzione, diciamo, abbia un senso?

PAULA. Siccome noi suoniamo – sfortunatamente – soprattutto in Francia, i nostri « fans » sono maggiormente francesi.

Dico sfortunatamente perchè ci piacerebbe esportarci di più, ma non è facile, e comunque le condizioni in Francia sono molto migliori che all’estero. La Francia da molto spazio e sovvenzioni alla cultura in generale, ed è quindi più facile essere motivati a creare in ogni campo, soprattutto se lo si compara all’Italia.

Le persone vanno molto di più ai concerti, ma vanno anche molto di più a mostre ed esposizioni, trovo.

In Italia non c’è l’equivalente di un’etichetta come la Born Bad Records (per quanto conosca), un’etichetta underground ma che aiuta tantissimo i suoi artisti lasciando massima indipendenza a livello creativo.

Di solito altrove non ci sono i mezzi, quindi si finisce a far uscire dischi per etichette mega underground, dove non c’è possibilità di avere qualcuno che lavora per la promozione del disco, oppure si passa direttamente alle major, che personalmente penso ti castrino artisticamente in luce del fatto che a loro interessano solo i dindi.

Probabilmente una cosa simile succede in Inghilterra, ma ho l’impressione che loro rimangano più chiusi nella loro isola, senza bisogno di importare troppa musica straniera, visto che loro ne sono ricchi e hanno tantissimi gruppi già di loro.

5. A proposito di seguito e di musica alternative e anche di controcultura. Secondo me è interessante contestualizzare la musica poi nel suo contesto storico e anche geografico. Penso che la Francia sia il paese per mille ragioni più rappresentativo di che cosa potrebbe diventare l’Europa. Un paese che possiamo definire a questo punto multietnico e dove al di là dei contrasti e della presenza di gruppi e partiti politici di estrema destra, questo carattere costituisce una realtà da cui non si torna indietro: a parte questo e le idee di ciascuno nel merito, diciamolo, pensare di potere arrestare questo processo di “internazionalizzazione” dell’Europa poi è semplicemente ridicolo. Ma c’è, vivendo e commentando la cosa dal di fuori di determinati schemi condizionali, veramente questa profonda spaccatura in Francia che separa i “nuovi” francesi dai “vecchi”? Molti immigrati sono oramai anche alla terza generazione immagino. Voglio dire di che cosa stiamo parlando veramente? Queste persone vivono (tutte) ghettizzate e volontariamente (da una parte e magari anche dall’altra – ne dubito fortemente in questo ultimo caso) isolate dal resto del paese? Anche in questo senso, chi sono gli ascoltatori in Francia dei J.C. Satàn? Chiudo domandandoti quali siano i progetti per l’immediato futuro e se magari ci sarà la possibilità di vedervi suonare anche in Italia.

PAULA. Effettivamente la Francia è multietnica ma non siamo ancora tutti integrati, soprattutto per quanto riguarda la musica rock!

E’ un discorso estremamente complicato e delicato da descrivere cosi in poche parole, per scritto, ma io non vedo ancora la totale uguglianza tra francesi «nuovi» e «vecchi» come dici tu. Magari se vai a un concerto di hip hop è meno evidente la spaccatura, anche perchè è uno stile che nasce più nelle banlieu e poi arriva a toccare un pubblico più ampio, perchè oggi è più alla moda. I nostri ascoltatori sono di solito un po’ più maturi di età e molto più bianco in percentuale. Eheheh.

L’immediato futuro prevede concerti,concerti e poi ancora concerti : a giugno faremo 3 date in Italia (Guastalla, Ravenna e Teramo) , ma speriamo di tornare verso novembre, quando saremo in tour europeo con Jessica93 (altro gruppo francese uscito per la Teenage Menopause, etichetta che ha fatto uscire il nostro terzo LP).

Siamo un gruppo e quello che sappiamo meglio fare è suonare, quindi vogliamo suonare il più possibile, in posti nuovi e in posti che abbiamo già visitato. Speriamo di poter tornare in USA nel 2019 e andare in Giappone… ma questo è da vedere anche con le nostre economie. Ehehe.

Emiliano D’Aniello