Gianpaolo Cherchi Awards 2017

Si conclude questo 2017, il mio primo anno da kalporziano.

Un anno bello intenso, che potrei tuttavia sintetizzare con una parola, o meglio ancora con un’immagine: una valigia. Un anno che mi ha visto perennemente in partenza verso un posto mai definitivo, in continuo spostamento da una parte all’altra dell’Europa. È un fenomeno che chiamano “wanderlust”, nella speranza che un nome esotico possa donargli fascino. Io sono del parere che “nomadismo” resti il termine più calzante, perché se c’è una cosa che mi aspetto dal prossimo anno è senza dubbio un po’ di tranquillità e stabilità in più (oltre al nuovo disco dei Parquet Courts). Considerando però il lato positivo della cosa, e non il record personale di 9 diversi domicili dichiarati in un solo anno, fra le cose più belle di questo 2017 c’è stato l’aumento esponenziale della quantità di musica ascoltata, che per uno come me che fa molta fatica a staccarsi dai Velvet Underground, è una novità.
C’era tanta attesa per i nuovi lavori di quelle band e quegli artisti che ormai rappresentano dei punti di riferimento sicuri, e curiosità per alcuni ritorni illustri e per nuove scoperte, consigli di amici…

A parte quelle robe che non capisco, come Kendrick Lamar, Lorde, Arca (nel mio dialetto sardo, fra l’altro, “arca” significa mondezza), e che probabilmente non capirò mai, perché non le voglio capire e perché, visto che son cresciuto a pane e Transformer, mi va benissimo passare per vecchio…

Ma a parte questo, dicevo, è proprio dagli amici che sono venuti molti consigli per le migliori scoperte di quest’anno. Gli Idles, per esempio: esordio al fulmicotone, con la sfrontatezza e l’attitudine di chi sa il fatto suo, rudi e incazzati quanto serve, irriverenti. Stesso discorso per i Priests, che hanno avuto anche il merito di ritardare l’uscita dell’album e di registrarlo nuovamente, perché la prima registrazione non li convinceva. Questa è quella che io chiamo “mentalità”. E poi ci avete mai fatto caso che Katie Alice Greer ha la stessa voce di Siouxsie Sioux?

Ma la scoperta musicale più bella di tutte viene dal Belgio: si chiama Melanie de Blasio ed è una cantante italo-belga che ha tirato fuori un gioiellino, un album cantautorale che si regge su di un jazz minimale e disincarnato, capace di appoggiarsi agli scarni accompagnamenti di un synth, o a melodie talmente asciutte da essere composte da due accordi.

Altra grandissima sorpresa sono stati gli Algiers: The Underside of Power è un vero e proprio manifesto politico, dove ogni canzone è un appello per l’emancipazione sociale, e dove la musica seduce e affascina senza però essere mai accomodante.

Assieme alle belle sorprese ci sono state anche grosse delusioni. I METZ su tutti, che alla terza fatica, dopo aver spaccato tutto quello che c’era da spaccare nei dischi precedenti, e potendo ora lavorare con un mostro sacro come Steve Albini, riescono nell’impresa praticamente impossibile di tirare fuori un album che non graffia, non morde, non ruggisce come dovrebbe. Dal vivo restano un’esperienza unica di nichilismo applicato, probabilmente fra le migliori band nel loro genere (e fra le preferite dal sottoscritto), però Strange Peace è un disco che mi ha lasciato con l’amaro in bocca. Ci sono dischi che richiedono più tempo degli altri per essere metabolizzati, per essere digeriti e apprezzati. È soprattutto questo il motivo per cui è sempre difficile fare una classifica dei migliori album dell’anno, perché alcuni dischi escono fuori alla lunga distanza. Per quanto ho voluto bene a questa band, mi auguro che sia questo il caso.

Si confermano invece su altissimi livelli i Protomartyr. Ormai sto in fissa da anni con loro, e per me non sbagliano un colpo. Relatives in Descent è il loro lavoro più raffinato dal punto di vista produttivo: non ha i pezzi di The Agent Intellect, certo, non è scritto con la stessa cura e non arriva dritto con la stessa immediatezza; è un lavoro forse meno ispirato, ecco, ma sicuramente più ponderato, più maturo, più ricercato. Dove non arriva l’ispirazione, arriva il lavoro di lima, che permette di confezionare un altro disco di qualità immensa. Mi sbilancio: best band at the time!

Con loro i Pontiak, un vero pilastro per tutti quelli che, come me, non possono fare a meno dei chitarroni. Dialectic of Ignorance varrebbe il podio solo per il nome dato all’album. Ascoltandolo si capisce che i due cowboys texani non ne sbagliano una. Il suono si è fatto più rotondo, meno ruvido, le atmosfere psych sono state liberate dalle ipoteche hard & heavy, e il tutto ne ha guadagnato in profondità e spessore.

Ma ci sono troppe cose di cui parlare: il ritorno di Anton Newcombe e della sua formula ormai consolidata e sempre fresca, la nuova veste afro-psych dei The Oh Sees, tanti altri nomi che dimenticherò, e altri ancora che sono costretto ad omettere per ragioni di spazio…

Non mi dilungo oltre. È stato un 2017 molto bello. Quello qui sotto è il mio riassunto.

TOP 10 ALBUMS

1- Protomartyr – Relatives In Descent

2- Pontiak – Dialectic Of Ignorance

3- Melanie de Blasio – Lilies

4- Algiers – The Underside Of Power

5- The Brian Jonestown Massacre – Don’t Get Lost

6- The Oh Sees – Orc

7- Idles – Brutalism

8- Priests – Nothing Feels Natural

9- Brand New – Science Fiction

10- The Black Angels – Death Song

 

ALTRI ALBUM CHE HO ASCOLTATO TANTO, IN ORDINE SPARSO

Grizzly Bear – Painted Ruins

LCD Soundsystem – American Dream

Phoebe Bridgers – Stranger in the Alps

The Heliocentrics – A World Of Masks

Meridian Brothers – ¿Dónde estás María?

Weezer – Pacific Daydream

Mount Eerie – A CrowLooked At Me

Death From Above 1979 – Outrage! Is Now

Slowdive – Slowdive

Sleaford Mods – English Tapas

Paul Weller – A Kind Revolution

!!! – Shake The Shudder

Zara McFarlane – Arise

Body Count – Bloodlust

Ragana – You Take Nothing

Big Thief – Capacity

Timber Timbre – Sincerely, Future Pollution

Kevin Morby – City Music

Simon Joyner – Step Into The Earthquake

St. Vincent – Masseduction

Pissed Jeans – Why Love Now

Spoon – Hot Thoughts

Ryan Adams – Prisoner

Cody Chesnutt – My Love Devine Degree

Grandaddy – Things Away

The New Pornographers – Whiteout Conditions

Rays – Rays

Metz – Strange Peace

Khalid – American Teen

The Dream Syndicate – How Did I Find Myself Here?

Liars – TFCF

Mondo Grosso! – Nandodemo Atarashiku Umareru

Kamasi Washington – Harmony Of Difference

Spencer Radcliffe – Enjoy The Great Outdoors

Bicep – Bicep

Ulver – The Assassination Of Julius Caesar

Vince Staples – Big Fish

Gorillaz – Humanz

Beck – Colors

King Krule – The OOZ

Wire – Silver/Lead

Half Japanese – Hear The Lions Roar

MOOON – MOOON’s Brew

Waxahatchee – Out In The Storm

L.A. WITCH – L.A. WITCH

Iron&Wine – Beast Epic

The Fall – New Facts Emerge

Pere Ubu – 20 Years In Montana Missile Silo

Sharon Jones & The Dap-Kings – Soul Of A Woman

Lali Puna – Two Windows

Sheer Mag – Need To Feel Your Love

Clap Your Hands Say Yeah – The Tourist

Arto Lindsay – Cuidado Madame

 

FRA GLI ITALIANI MI SON PIACIUTI TANTO

Tiger! Shit! Tiger! Tiger! – Corners

Altre di B – Miranda!

Ninos du Brasil – Vida Eterna

Daniele Luppi – Milano

Julie’s Haircut – Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin

Chiara Civello – Eclipse

His Electro Blue Voice – Mental Hoop

Bee Bee Sea – Sonic Boomerang

Johann Sebastian Punk – Phoney Music Entertainment

 

LA PLAYLIST

150 canzoni su Spotify, quasi 10 ore di musica in cui c’è di tutto e di più, dai dischi e dai nomi fatti finora fino a quelli che ho dimenticato, oltre ai vari ed eventuali di rito: teen-band come Partner e Boy Pablo che suonano un pop-rock anni ’90 da paura, i vari singoli ed EP’s e alcune fra le migliori ristampe: Garbo, Diaframma e soprattutto Hüsker Dü.

Buon ascolto.