Intervista ad ÁSGEIR

Ásgeir arriva finalmente da queste parti per una data unica al Locomotiv di Bologna venerdì 24 novembre.
A quattro anni di distanza dal fortunato album d’esordio, “In The Silence”, il 5 Maggio 2017 il cantautore ventiquattrenne islandese ha pubblicato il nuovo lavoro, “Afterglow”, via One Little Indian.
Abbiamo fatto due chiacchiere con lui in vista della sua prima volta in Italia.

Per forza di cose, quando si pensa all’Islanda, a tutti vengono in mente i nomi di Björk e dei Sigur Ros. La prima canta in inglese, i secondi no. Come mai hai scelto di ritradurre in inglese il tuo album di debutto scritto in islandese?
L’etichetta per cui abbiamo firmato dopo aver pubblicato la prima versione del disco voleva sentire le canzoni in inglese. Ho avuto un po’ di problemi a far venire fuori qualcosa che funzionasse così l’abbiamo portato a termine grazie a John Grant che ci ha dato un grande aiuto.

Durante i tuoi show ti esibisci ancora usando le due lingue. Pensi che la gente risulti più coinvolta quando canti in inglese? O più semplicemente si abbandonano alla tua musica e alle emozioni, quando canti in islandese?
La gente sembra in grado di relazionarsi alla mia musica anche quando canto nella mia madrelingua. In alcune parti del mondo canto più inglese, in altre più in islandese. E con l’esperienza sono arrivato a capire dove funziona una cosa e dove funziona meglio l’altra. Bisogna dire però che ci sono alcune canzoni che canto sempre in islandese perché penso che ci stia di più.

Trovi che ci siano degli elementi prettamente islandesi nella tua musica?
Non lo so, lo spero. Sono influenzato dalla musica islandese, ho sempre vissuto lì e credo si rifletta nella mia musica.

Ha in qualche modo influenzato la composizione la collaborazione con John Grant?
In realtà no, ma credo di aver imparato molto lavorando con lui. Molte delle canzoni erano già finite, ma quest’esperienza mi è servita per rifarlo in futuro.

In un’intervista di qualche mese, ti è stata fatta una domanda sul diverso approccio alla produzione tra album d’esordio e il nuovo “Afterglow”, se preferivi un approccio più essenziale o più curato nei dettagli grazie a un produttore da cui puoi imparare qualcosa o aggiungere ulteriori sfaccettature al sound. Ora che è passato del tempo e sono arrivati i risultati dei tuoi lavori, come risponderesti a questa domanda?
Ho imparato davvero tanto durante la realizzazione di “Afterglow”. Devo ammettere di essere stato un po’ sotto pressione nella gestazione del disco, avendo speso troppo tempo per curare i dettagli e altre cose che poi alla fine della giornata non si rivelavano così importanti. Credo che le prossime canzoni che farò saranno più scarne ed essenziali. Sono convinto che sarà il prossimo step.

Per chiudere, i cinque album che hai preferito in questo 2017.
1. Kendrick Lamar, “Damn”
2. Roger Waters, “Is This The Life we Really Want”
3. Iron And Wine, “Beast Epic”
4. Fleet Foxes, “Crack-Up
5. Moses Hightower “Fjallaloft”