DIPLOMATICS, “I Lost My Soul In This Town” (ShyRec / Go Down Records, 2017)

I Diplomatics sono un quintetto vicentino formato da OVO (Niccolò Sabin, batteria), MANU (Emanuele Garziera, chitarra), SET (Matteo Marsetti, chitarra), MASE (Dario Masello, basso) e DANNY (Daniel Carollo, voce e armonica). Arrivati al secondo LP, con “I Lost My Soul In This Town” confermano quanto di buono già dimostrato con “Don’t Be Scared, Here Are The Diplomatics” del 2014, inserendosi tanto nella nuova scena power-pop italiana dei Radio Days quanto nel rock’n’roll proto-punk di gruppi ormai storici come i CUT.

Dieci canzoni per trentacinque minuti totali di musica, registrate su bobina in presa diretta presso l’Outside Inside Studio di Montebelluna, con la coproduzione di Matteo Bordin (Mojomatics, Squadra Omega) e il supporto di vari musicisti tra cui il sassofonista Michele Mercuri e la vocalist Anita Formilan. Premesso che la band è capace di sprigionare un’energia invidiabile, con un ventaglio di sonorità che va dal southern rock dei Black Crowes (“Fill It Up”) al glam dei New York Dolls (nel singolo “Hey Loser, You Poser”), i loro testi raccontano di contro la notevole difficoltà nello “stare in piedi” in un’area come il nord-est italiano, fatto di zone industriali, centri urbani decadenti e nebbiose aree rurali dove l’unico credo è il denaro. Leitmotiv che ricorre in particolare nella quasi omonima “Lost in town”, problematiche affrontate a colpi di soul in “Love Boat” e con i riff killer di “Sunshine Glow”; maturità nella scrittura, sfrontatezza nell’esecuzione. Su questi concetti si fonda il percorso dei Diplomatics che, forti di pezzi di questo calibro, immaginiamo pieno di soddisfazioni nell’immediato futuro.

Tutti i brani del disco sarebbero da menzionare ma scegliendo i due più rappresentativi: “Nothing But You”, per le dinamiche tra chitarre memori dei Fuzztones e pianoforte à la Jerry Lee Lewis, nonplusultra la performance da urlo del duo Carollo e Formilan; infine “Today”, ballata dal retrogusto mod piena di fiati trascinanti e che “piàsaria assé” a Mac Rebennack e Paul Weller. Ocio a questi veneti terribili.

74/100

(Matteo Maioli)