The Warlocks/Dead Rabbits/Sonars, Monk, Roma, 10 settembre 2016

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La seconda anteprima del Rome Psych Fest (dopo quella di maggio) ha rappresentato un ottimo antipasto di ciò che si prospetta per i primi di ottobre. Senz’altro le tre band che si sono succedute sul palco del Monk sono all’altezza di quelle del programma principale (tra cui ricordiamo Clinic, The Oscillation, Julie’s Haircut, Cairobi). Pur essendo il 10 di settembre, un pubblico discretamente numeroso ha potuto scoprire i Sonars per arrivare, con il tramite del live degli inglesi Dead Rabbits, a uno dei nomi principali della psichedelia degli ultimi anni. I Warlocks non hanno tradito le attese del pubblico romano, salendo in cattedra dal primo all’ultimo minuto del loro set.

Ad aprire le danze sono appunto gli italiani Sonars, giovane trio di Bergamo che l’anno scorso ha pubblicato un ep di quattro brani. Rispetto al disco dal vivo stupiscono enormemente per padronanza della scena e per la capacità di suonare compatti dei brani tutt’altro che semplici. Il loro sound vive su chitarre e batteria ma spesso sono le tastiere a segnare in modo decisivo le canzoni. Per alcuni versi ricordano dei Tame Impala con un suono meno pieno ma non per questo meno efficace. Un nome da tenere d’occhio in futuro, considerando anche la giovane età e i margini di miglioramento.

I Dead Rabbits suonano poco dopo in una mezz’ora senza grandi sussulti. Il concerto è anche piacevole ma non ha nulla che lo faccia rimanere nella memoria. Di ben altro piglio, come anticipato, è stata l’esibizione dei Warlocks. La storica band di Los Angeles, capitanata come sempre da Bobby Hecksher, incentra lo spettacolo sul recentissimo album “Songs from Pale Eclipse”, pubblicato a inizio settembre.
Un magma sonoro quasi senza soluzione di continuità, che alterna momenti più onirici ad autentiche impennate, in cui ha risalto il muro composto dalle quattro chitarre, quasi sempre coincidenti con brani tratti dai primi dischi del gruppo. Un meccanismo ben oliato in cui tutto funziona alla perfezione, quasi un’orchestra psych in cui le veci del direttore sono svolte in maniera impeccabile da Hecksher. Il bis richiesto a gran voce dal pubblico presente, è stata una naturale ed ovvia conseguenza.

Il bello del Rome Psych Fest deve ancora arrivare con una imbarazzante quantità e qualità di nomi presenti nell’arco di due giorni.

Francesco Melis
20 settembre 2016