Attacco dubstep e battute che aumentano fino alla drum’n’bass. Tappeti vocali ragga e un mood che unisce la fine dei ’90 alla prima decade dei ‘2000, seguendo la direttrice segnata dalla commistione che ha dato vita all’età d’oro del trip-hop. E’ lo “sporco”, buio, ma sontuoso set di Daddy G alla Stazione Leopolda di Firenze, nella seconda serata di 2016.
Il fondatore e colonna portante dei Massive Attack mantiene alta la tensione in sala per circa tre ore con una tessitura di bassi profondi, stemperata da qualche momento di decompressione affidato a pillole di trip-hop (l’eco di “Unfinished Sympathy” dei Massive Attack) e rivisitazioni rock (“Seven Nation Army” dei White Stripes). Un set lontano dalle mode del momento, classico, che attinge dal suono di Bristol rievocando, a distanza di 30 anni, le gesta del collettivo/sound system Wild Bunch, terreno che alimentò il germoglio dei Massive Attack.
Come ai tempi del sound system, di fronte a Grantley Marshal aka Daddy G, una folla che ondeggia e balla. Generazioni diverse, insieme. Quelli che i Massive Attack se li sono comprati in cd con “Blue Lines”, “Proection” e “Mezzanine” e gli altri, più giovani, che hanno preso in prestito quei dischi da fratelli maggiori e sorelle maggiori.
Una selezione per lunghi tratti a cavallo tra dub, dubstep e drum ‘n’ bass, capace di raccontare, anche con i suoni del 2016, parte della storia di un artista che ha vissuto e costruito il cuore vivo e pulsante di uno dei movimenti musicali più significativi nel panorama musicale degli anni ’90.
Di seguito qualche foto della serata.
(Tommaso Artioli)
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