CHARLES BRADLEY, “Changes” (Daptone Records, 2016)

Bradley-Changes-Cover-980x980 Definiscono Charles Bradley, classe ’48 da Gainesville Florida, “The Screaming Eagle of Soul”. Il carisma vocale è assolutamente la dote principale dell’artista che nel 1962 vide in concerto James Brown e da allora ne diventò un epigono, seppur vivendo marginalmente di musica a (s)favore della cucina di un ristorante e altri lavori saltuari ma necessari fino al 2011, anno in cui venne messo sotto contratto da Gabriel Roth detto Bosco Mann per la Dunham/Daptone Records. Con il suo terzo album “Changes” si può affermare che Charles ce l’ha fatta: a mettere tutto sè stesso nelle performance, a coinvolgere i musicisti adatti – la fedele Menahan Street Band, ma anche Budos Band e le Gospel Queens capitanate da Naomi Shelton – e ad assemblare una scaletta di dieci brani irresistibili e senza cadute, che toccano non solo l’universo funk-soul ma anche il gospel (nell’opener “God Bless America”), il blues (la title track) e la psichedelia voodoo in stile Dr John (“Ain’t Goona Give It Up”).

“Changes” è anche singolo di lancio dell’album, e non è un brano qualsiasi, bensì l’ennesima cover della piano-ballad uscita nel 1972 su “Vol.4”, ad opera dei Black Sabbath. Bradley del resto non è nuovo a questo tipo di reinvenzioni, ma nella sua versione si sente tutta l’amarezza della perdita, che non è la propria ragazza come nel caso di Bill Ward o moglie ultimamente per quanto riguarda Ozzy Osbourne, ma la madre che lo abbandonò a 8 mesi e con la quale riprese i contatti nel 1996. Un periodo a dir poco sconvolgente, in cui visse tra le altre cose il ricovero d’urgenza dovuto all’allergia da penicillina e l’assassinio del fratello ad opera di un nipote e documentato in parte nel film del 2012 “Soul of America” di Poull Brien.

Ideale di cambiamento, personale e sociale, come leit-motiv del disco: “It’s my turn to loved and be loved/It’s my turn to get out into the world and let my spirit speak”, dichiara in “Ain’t It A Sin”. Sly and Family Stone rivivono in questo scoppiettante up-tempo tutto da ballare. “Nobody But You” con la sua brass section derivativa dalla hit “Summer Breeze” di Seals and Crofts e “Crazy For Your Love” lo collocano in un repertorio di grandi canzoni d’amore tra Al Green e Otis Redding; in “Change For The World” allarga la volontà di riscatto e professa di essere forti, rivolgendosi alle classi più deboli e disagiate, proprio nel nome dell’amore. “Things We Do For Love” e “Good To Be Back Home” sono infine i brani dalla strumentazione più accattivante, dove emergono le caratteristiche peculiari del genere come il groove di basso e l’organo mistico e spirituale affiancate però da arrangiamenti vocali di stampo Motown e chitarre fuzz di grande impatto.

Qualunque sia la vostra fede, “Changes” di Charles Bradley è uno dei must have dell’anno.

83/100

(Matteo Maioli)

14 Maggio 2016