Il Lollapalooza al Campovolo e le velleità dei reggiani

campovolo

Per noi reggiani Reggio Emilia è il centro del mondo, praticamente come Manhattan (ognuno lo dice della propria città, del resto, per cui non statemi nemmeno ad ascoltare, compatitemi solo un po’…).
Noi reggiani abbiamo altresì delle presunte “eccellenze” che ci vengono riconosciute di cui invece ci vergogniamo molto. Esempio: il Campovolo, noto in tutta Italia per le gesta di Ligabue, per noi semplicemente il nostro piccolo “aeroporto”, o luogo storico della Festa dell’Unità (strategicamente ribattezzata, negli ultimi anni, Festa Reggio a completa identificazione città-politica, se qualcuno aveva qualche dubbio). A me dà molto fastidio che il Campovolo sia noto in Italia solo per il Lucianone della bassa, preferisco – se proprio devo – citarlo come cornice del concerto degli U2 nel settembre 1997. In ogni caso lo voglio dire a chiunque non sia passato (legittimamente) da Reggio: Campovolo non è una città, una frazione o un quartiere. Si dice “al Campovolo”, non “a Campovolo” (un po’ come “il gnocco fritto” e non “lo gnocco fritto”). Bona lè, spiegato una volta per tutte.

Ebbene, il Campovolo – oggetto l’anno scorso di una campagna mediatico-politica locale sull’opportunità di utilizzarlo come sede fissa di concerti – è stato proposto da Perry Farrell, inventore del Lollapalooza, come sede di un Lollapalooza italiano.

Avere il Lollapalooza italiano ci farebbe tranquillizzare, a noi reggiani, che siamo davvero il centro del mondo. Insomma, a Cesena andranno i Foo Fighters, chi siamo noi, i figli della serva?

(P.S. Siamo semplicemente dei provinciali con velleità internazionali, ma non ditecelo, fateci rimanere nel nostro piccolo mondo antico.)

(Paolo Bardelli)