Cannes chiama Kalporz: 22 maggio 2015

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Il festival si avvia verso la sua conclusione, e arriva il giorno dell’Aïoli, il tradizionale pranzo provenzale che il comune di Cannes offre agli accreditati stampa. Il sole splende sulla città, per cui non c’è nessun timore che si possa andare verso un annullamento dell’evento, come purtroppo accadde un anno fa… Disquisizioni culinarie a parte, è anche il tempo di fare qualche pronostico. Partendo dal presupposto che gli unici due film che sarebbe doveroso premiare con la Palma d’Oro sono a mio avviso Mountains May Depart di Jia Zhangke e The Assassin di Hou Hsiao-hsien, e che di questi solo il primo ha qualche realistica chance di dire la sua per la vittoria finale, la situazione si fa decisamente ingarbugliata. È molto probabile che la giuria assegni un riconoscimento a Carol di Todd Haynes, ma vista l’eleganza della messa in scena non è improbabile che si punti più che altro sul premio per la miglior regia. Molti prevedono un premio anche per l’esordiente Làszló Nemes e il suo Son of Saul, ma è davvero difficile che si possa andare oltre a un Gran Prix della giuria. Visto lo stuolo di francesi (cinque) e italiani (tre) in concorso, appare francamente improbabile che tutti questi film escano a mani vuote dal palmarès. Ed è forse proprio in Francia o dalle nostre parti che si annida il trionfatore di questa edizione di Cannes: sperando con tutte le forze che la giuria non si lasci abbindolare dai vacui movimenti di macchina di Paolo Sorrentino e del suo irritante Youth, si potrebbe ragionare su un ipotetico bis di Nanni Moretti (che qui trionfò con La stanza del figlio) o sul trionfo di Jacques Audiard e del suo Dheepan, anche se si tratterebbe di un modo (goffo) di risarcire Audiard della mancata vittoria del suo splendido Il profeta (2009).

Insomma, i giochi sono ancora aperti, e per di più bisognerà comunque aspettare l’ultimo film in concorso, l’adattamento del Macbeth diretto da Justin Kurzel, in programma domani mattina.

Per il resto, la giornata ha proposto alcuni colpi al cuore più o meno resistenti. In mattinata in Un certain regard è passato Comoara (The Treasure), il nuovo parto creativo di Corneliu Porumboiu, tra le voci più mature e libere del nuovo cinema rumeno. Un racconto minimale, divertente e ironico, che ricorda nella sua cristallina semplicità la purezza del cinema di Aki Kaurismäki: un uomo viene coinvolto da un vicino di casa nella ricerca di un tesoro di famiglia sepolto nel giardino della casa di campagna dei suoi avi. La crisi economica combattuta a colpi di ironia sardonica, attraverso una costruzione narrativa che riduce al minimo gli orpelli. E sul finale irrompe, colmo dei colmi, “Life is Life” dei Laibach. Già culto.

Ha prodotto le reazioni più disparate invece Louisiana (The Other Side), il nuovo documentario di Roberto Minervini, a sua volta ospitato nel concorso di Un certain regard: un viaggio nell’America più oscura, fascistoide e disperata che Minervini riprende in tutta la sua crudezza, senza edulcorazioni di sorta. Questo ha generato in molti spettatori un distacco totale che mi permetto di non condividere: lo sguardo di Minervini non è mai compiaciuto né estetizzante, e il suo non è un giudizio sull’umanità messa in scena, ma solo una visione a suo modo antropologica. Ma si discuterà ancora a lungo, e questo non è un male. Indiscutibile, ovviamente, è invece il film postumo di Manoel de Oliveira, recuperato dagli abissi del tempo (fu girato dal grande regista portoghese nel 1981 con lo scopo di essere proiettato solo dopo la sua morte) e presentato come evento speciale in Cannes Classics: Visita ou Memórias e Confissões è di per sé l’evento nell’evento, il punto di non ritorno del festival, il film che pone la pietra tombale sull’annosa questione dell’immortalità dell’arte.

La serata si è conclusa con Yakuza Apocalypse, folle pastiche avant-pop diretto dal genio multiforme di Takashi Miike. Dentro questo calderone demenziale c’è di tutto: yakuza vampiri, kappa, ranocchie giganti e distruttrici, stranieri con una bara al posto dello zaino, combattenti malesi. Un divertissement rumoroso ma come al solito mai inessenziale. E al termine della proiezione in sala è apparso, tra gli attori del cast, anche la ranocchia terrorista. Un momento indimenticabile.

Raffaele Meale