I CANI, “Il sorprendente album d’esordio dei Cani” (42 Records, 2011)

Provare a parlare de “Il sorprendente album d’esordio dei Cani”, che come didascalicamente indica il titolo segna l’esordio della band romana I Cani, non è cosa semplice. Principalmente perché sulla band nei mesi scorsi s’è scritto molto, probabilmente soprattutto aria fritta, per così dire. Due brani messi online così, quasi per gioco, su youtube ed ecco che l’ “ennesimo gruppo pop romano” (come la band dall’identità ancora misteriosa si autodefinisce) diventa immediatamente di pubblico dominio. Ma invece di perdersi in onanistici discorsi sul valore sociologico dei testi, sull’inutile dubbio hipster/non hipster, su quanto e come I Cani debbano essere considerati hype, vale la pena soffermarsi su quello che realmente conta in un disco: la musica. Sì perché come spesso accade in Italia, si tende a dare eccessiva importanza al valore dei testi. L’album esce per la 42 Records, etichetta romana ultimamente molto attiva (da ricordare quest’anno l’esordio dei Jacqueries). Nella musica dei Cani le parole giocano sicuramente un ruolo importante, come delle piccole istantanee di vita in polaroid. Ma non possono essere l’unico particolare da sottolineare, altrimenti c’è il rischio di parlare del nulla.

Nato quasi come un divertisment il progetto de I Cani ha sfoggiato sin da subito un sound a presa rapida, un pastiche sonoro composto da electro pop, un po’ di new wave, spesso immersi in atmosfere vagamente lo-fi. Una formula che ha portato particolare successo a “I pariolini di 18 anni”, il primo brano a comparire sulla rete a metà dello scorso anno. Che si ripete con estrema abilità nel singolo “Velleità”, forse il brano più riuscito del disco, con il ritornello che si inchioda perfettamente nella testa. Allo stesso tempo però il rischio che tutto questo possa diventare ripetitivo esiste, tanto che qualche episodio pare a trattila copia carbone dei due pezzi appena citati. Ma quello che interessa è “Il sorprendente album d’esordio dei Cani” e gli altri suoi momenti che rimangono impressi, come la bella “Wes Anderson”, anche questa già nota sulla rete, che qui ha il ruolo di chiusura dell’album. I Cani sono nati per gioco, un gioco che per ora si conferma in quanto tale assolutamente fruibile e godibile.

61/100

(Francesco Melis)

5 giugno 2011

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