CLINIC, Flog, Firenze, 16 gennaio 2009

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Non piacerebbe a nessuno essere operato dai quattro Clinic che si sono presentati con i regolari camici e mascherine da surgery davanti al pubblico sparuto (e spaurito) della Flog di Firenze. Bisturi, prego! Non ce n’è bisogno: fin da subito inizia a scorrere un sangue onirico che neanche in “Alice In Wonderland”. Flower power, 1967, madchester, organetti, mdma: i “medici” di Liverpool fanno apparire tutto questo nell’oretta e mezzo di live, un tirato show in cui sprigionano energia pur ricevendo indietro poche vibrazioni dall’audience che si diceva assolutamente sotto il livello di guardia, soprattutto se si considera che i Clinic sono passati poche volte dall’Italia.

Prima cosa che ci colpisce: cantano sia Ade Blackburn che Jonathan Hartley, dai dischi non si direbbe e se è per questo neanche in concerto; si provi a chiudere gli occhi e ad indovinare chi è al microfono… è più difficile che per Michele capire bendato qual è il colore chiaro e il gusto pulito di Glen Grant. Contemporanemente si scopre anche che Brian Campbell è un bassista molto tecnico nonostante i giri di basso delle canzoni dei Clinic siano piuttosto semplici, mentre Carl Turney rispetta quella regola non scritta secondo cui i batteristi che suonano senza tom ci pestano di brutto.

I Clinic si immergono nel loro mondo popolato da traiettorie da Cappellaio Matto e ne escono come dopo un’apnea: malgrado nell’ultimo “Do It!” abbiano cercato di affrancarsi da quel loro “fare sempre la stessa canzone”, in concerto tornano a dare quella impressione, non si distinguono gli album, le annate, persino i decenni. Quelli sul palco potrebbero essere i Beatles sbiascicanti che hanno ingerito di tutto e si sono sparati a tutto volume gli Happy Mondays prima di uscire dai camerini, attaccare i jack e improvvisare uno psycho-garage furiosamente bieco.

Purtroppo la poca risposta del pubblico alla lunga non aiuta i Clinic a scrollarsi di dosso quella patina inglese che li fa rimanere piuttosto compiti e per questo un poco freddini: i momenti di maggiore coinvolgimento si materializzano con “The Witch” e ovviamente con “Walking with Thee”, dove finalmente quasi tutti si uniscono nei corali “nooo!”.

I Clinic escono dalla sala operatoria velocemente come dei veri professionisti: non saranno i migliori chirurghi del mondo ma sanno far vibrare i nervi giusti. Speriamo solo non rimangano senza lavoro per mancanza di pazienti.

(Paolo Bardelli)