OKKERVIL RIVER, The Stand Ins (Jagjaguwar / Wide, 2008)

Magari non ci pensi più perché ci sta che non siano il primo dei tuoi pensieri, ma quando ti capita di riascoltare le loro canzoni capisci perché, ai tempi, ti sei innamorato degli Okkervil River. Erano i tempi di “Black Sheep Boy” e il popolo degli appassionati si era unito all’unanimità, sicuro di essere davanti ad un capolavoro e ad una band capace di durare e di scrivere una pagina di significativa in una scena musicale asfittica ed affossata dalla mediocrità.

Chi storceva il naso davanti a “The Stage Names” (che era comunque bellissimo) non potrà che ricredersi con questo “The Stand Ins”, disco che dimostra una definitiva maturazione dello stile della band di Austin, ormai lanciata verso una formula ben definita, riconoscibile e assolutamente irresistibile.

Ormai di indie non c’è più niente, si potrebbe continuare a citare l’alt.country ma sarebbe riduttivo (e gente come Ryan Adams potrebbe addirittura risentirsi), potremmo cercare un termine più adatto quando in realtà ti accorgi che – maledizione! – questo giochetto non può essere fatto con gli Okkervil River. Perché sfuggono, si muovono di continuo e cercano di trovare una natura personale unendo una musica che pesca in mille altri luoghi dell’anima (dal Bob Dylan dei “Basemen Tapes” ai Waterboys di “Fisherman’s Blues” passando per Gram Parsons, Neil Young, i Neutral Milk Hotel e addirittura gli Smiths) e una penna – quella di Will Sheff – che si troverebbe a suo agio anche con Rick Moody, Jonathan Lethem e David Foster Wallace. Non ci credete? Prendete “Calling And Not Calling My Ex”, “Pop Lies” e “Singer Songwriter”. Togliete loro la musica. Quello che resta sono testi meravigliosi da qualunque punto di vista. Immagini vivide, che colpiscono per efficacia e delicatezza. Niente a che vedere con la delirante pochezza dei suoi colleghi, che spesso nemmeno si rendono conto di quanto le parole siano importanti.

Tutto questo per far capire come un disco come questo possa essere meraviglioso: ad un primo ascolto, vieni catturato dalla musica, da questa miscela di folk e country spruzzato di hillybillies e chitarre elettriche; ad un secondo fai attenzione ai testi, ti perdi fra le loro righe e man mano che si continua si aggiungono una miriade di dettagli che alla fine non lasciano che una sola certezza: quella di aver trovato ancora una volta una grandissima band.

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