BURIAL, Untrue (Hyperdub, 2007)

“Untrue”, come tutte le cose belle, merita attenzione.
Non è semplice, forse nemmeno immediato; è penetrante, vivo, pulsante.
Il secondo atto della saga inaugurata con “Burial” (album d’esordio che portava lo stesso nome dell’autore) dal giovane produttore britannico penetra nelle ossa come la pioggia fine di novembre; te la senti scendere addosso ed entrare dentro implacabilmente.
Burial mette insieme 13 tracce che, come detto, ghiacciano le ossa, e, allo stesso tempo, sono capaci di scaldare il cuore. Tutto è costruito intorno a scarne strutture dubstep che incontrano campioni vocali manipolati, echi che sembrano perdersi in atmosfere cupe e gassose. E’ l’impalpabilità il carattere che rappresenta in maniera più fedele la natura di questo suono. Ogni traccia è tempo, ripetizione, respiro vitale.
“Homeless” unisce ricordi sfocati, lamenti che danzano intorno alla battuta. Visioni oniriche e piglio soul caratterizzano “Archangel”, brano che presenta all’ascoltatore il sostrato comune a tutte le altre tracce. E’ suono, battito, stato d’animo, ripetizione e respiro affannoso; è la rappresentazione di suggestioni claustrofobiche che prendono forma nella mente di un giovane e misterioso poeta metropolitano. Burial ricrea le atmosfere che ama: il fondersi casuale di voci e musica, l’alternarsi di parole e fremiti.
“Ghost Hardware” è il fulcro attorno al quale si sviluppa l’intero lavoro, il cuore pulsante dell’album. Rappresenta il punto esatto nel quale convergono presente e passato del suono urbano inglese: l’attuale scena dubstep che si fonde con elementi mutuati dal 2-step garage.

“Endorphin” è l’orizzonte che si apre dopo un temporale, “Etched Headplate” un inno soul plumbeo e melodicamente perfetto. “Untrue” è la traccia che preserva maggiormente forma e caratteri del precedente album; “Raver” un omaggio alla techno e all’età dei rave.
“Untrue” è un album che ci porta alla scoperta di un mondo sotterraneo, che ci mette di fronte agli occhi quello che tutti abbiamo dentro: un groviglio di grida soffocate e pensieri ovattati. “Untrue” è grazia e male di esistere, sofferenza e speranza; è contraddizione e meraviglioso equilibrio.

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