Marlene Kuntz, i testi di “Uno”

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Grazie ai Marlene Kuntz e a Beppe Godano per la concessione all’utilizzo dei testi di “Uno”.

Canto

Sto perdendoti
(e quando accadrà
il demonio del grande rammarico
il mio girovagare dovrà
fuggire ovunque,
inseguito dalla colpa)

Di quel che sciupai
ben più sciuperò
fra i timori e l’inettitudine,
e a ogni persa occasione o viltà
la tua fine in me
crescerà come un’onta.

Canto il bene che ti vorrei,
chiuso tra le pene
di un’inesprimibile prigione che mi opprime.

Canto il nulla che prenderai
dalle folli mie pene,
e non mi è di consolazione sapere
che son figlie anch’esse di te.

Stai guardandomi…
Ti sento…lo sai?
ma non serve a farti raggiungere
da un afflato di umanità.
E apatia ti dò,
anelando alla dolcezza.

Canto…

Musa

E’ una questione di qualità:
la tua presenza
rassicurante e ipnotica
mi affascina
e gioca col mio senno
e ne lascia ben poche briciole.

E io amo darlo a te,
o amabile
custode degli sguardi che
ti dedico
fra lo sragionamento e l’estasi
degli amplessi magnifici,

perchè tu sai come farmi uscire da me,
dalla gabbia dorata della mia lucidità;
e non voglio sapere quando, come e perchè
questa meraviglia alla sua fine arriverà.

Musa: ispirami
Musa: proteggimi
Ogni ora

Mi strega e mi rapisce
la tua giovane
saggezza incomparabile
(che ossequio)
e l’eleganza di ogni tua
intenzione è incantevole.

E quando ti congiungi a me
sai essere
deliziosamente spinta
e indocile,
coltivando le tue bramosie
sulle mie avidità.

Tu sai come farmi uscire da me,
dalla gabbia dorata della mia lucidità;
e non voglio sapere quando, come e perchè
questa meraviglia alla sua fine arriverà.
e sai come prenderti il bello di me
mettendo a riposo la mia irritabilità;
e non voglio sapere come riesci e perchè:
è una meraviglia, e finchè dura ne godremo
insieme.

Musa: ispirami
Musa: proteggimi
Musa: conducimi
Musa: adorami
Musa: noi ne godremo insieme

Voglio aver bisogno di te: come di acqua confortevole.
Vuoi aver bisogno di me? troverai terreno fertile.

111

“Si sposarono in estate
traversarono le contrade
fino ai peschi nel cortile
del podere padronale

Festeggiarono ad effetto
si schiantorono nel letto
poi in viaggio senza stile
sulle spiaggie del grecale

Lei lo amava in qualche modo
e la vita si assestava così.

Lui la amava più che poco
e la vita proseguiva così.

Con rapidità volgare
presero a farsi del male
e un fanciullo assai vezzoso
venne a farne le molte spese

Smisero di far l’amore
Smisero anche di scopare
Smisero di dormire insieme
e smisero di chiacchierare

Lui imbroglione di tenace infedeltà
alle bassezze la sua lenta deriva portò

Lei che lo attese con inquieta lealtà
dopo tre anni un amore nuovo si trovò…”

Non mi è stato difficile raccontare questa storia di ordinario fallimento coniugale
e non fu esattamente impossibile accettare per me stesso l’ipotesi dell’abiezione
in fondo pensavo dovrò fare i conti con una crescente contrizione
passando la vita a vergognarmi per un talento giocato davvero molto male
ma quale errore quando mi accorsi di averla uccisa a martellate!
quale orrore quando mi accorsi di averla punita massacrandola
a martellate!
Quale orrore… Quale orrore…

Che mostro sono? Che mostro sono?
E non so neanche farmi fuori da me!
No, non so neanche farmi fuori da me!

Che mostro sono? Che mostro sono?
Qualcuno ha voglia di pregare per me?

Canzone ecologica

Parole che vanno e vengono in quantità:
come pennellate di colore cariche
aggrumano le preziose tenuità
in cumuli di volgari croste, ovunque.

Forse sarebbe più bello tacere,
in accordo coi nostri pensieri,
che solo ad esprimerli in verbi e parole
non sono più verità.

Ma so che sarebbe anche bello
Sceglierle bene;
per farle aderire con più precisione
all’anima con la sua musica.

Sento svanire il suono infinito,
il timbro che unisce le vite
alle cose del mondo:
l’umano ululato strepita
e tutto si fa disarmonico.

Quanto rumore e parole in libertà…
Quanto timore di ammutolire in sé…

L’umano fracasso contamina
Il fiato dell’universo.

Fantasmi

Stavi pensando: “E’ bollito quello lì?”
Me lo ha detto il fantasma che lavora per me.
uno fra i mille infaticabili guerrieri
che sguinzaglio a caccia di sentenze e dicerie gran bugie.

Stavi sul fiume col desiderio di
vedermi scorrere finito, cadavere;
e il sole che ci aleggiava in tralice
faceva gonfia e strafottente la tua libidine.

E’ un fatto sai? La gente imbelle come te
è inacidita da certune qualità
e si addolcisce solo col sospetto
che il possessore prima o poi le perderà.
facendo una brutta bruttissima fine.

Ma come vedi invece sono sempre qua,
avvolto nella mia stilosa dignità
Continuo a farmi molto bene i fatti miei
e volo alto dove non potresti mai.
Mi piaccio un sacco e… sì, mi stimo anche di più
(tanto a tirar giù il prezzo, e poi ci pensi tu)
Continuo avanti in direzione “fatti miei”
e sui tuoi soldi risparmiati troverai
la mia corrosiva indifferenza.

Senza trofei sei tornato in città
mi hai visto e mi son chiesto se un fantasma ce l’hai
Sai: ti potrebbe venire a dire
che questa canzone non riguarda altri… riguarda te.

Ora mi vedi bello? Sono sempre qua
avvolto nella mia stilosa dignità
(…eccetera…)

La Ballata dell’ignavo

In un giorno di uggia e tè
imbiancato dalle nuvole,
lei giunse con una lettera:
“Tieni” disse, e gliela lasciò.

Quando fu solo e fragile
prese a leggere parole che
provocarono palpiti
e confusa intensità.

Ohh, rileggi una volta in più
fino a farti impressionare…
in quei fogli lilla ci sei tu
e ti vogliono toccare a fondo,
nel cuore di una sensibilità manchevole.

Proverai a non più fingere?
Provaerai a non più perdere?
Proverai oltre il tuo limite?
Proverai?
E lui smarrito e perso la ripiegò…

Sul divano ristette un po’
con la sua irrequietudine,
ripetendosi “Lo farò…
Laverò quelle lacrime”.

Poi rilesse da capo e…
Si fermò… Ripartì… Cessò…
E in un’eco di turbine
relegò quelle suppliche.

Ohh, rileggi una volta in più
fino a farti impressionare…
Ma l’ignavia, invincibile,
non lo fece replicare mai
E ora dicono che sta pagando. E sempre pagherà

Proverai…?

Abbracciami

Stanno come in gruppo e sono lì,
tutte le miserie degli uomini
– l’esito di quel che non si sa –
e c’è la sola vanità che può respingerle,
spostando il giorno in cui dovrà soccombere.

Stanno… e non si estingueranno mai.
E per questo esistono le favole,
che raccontano di un aldilà
dove trovar di nuovo ciò che andremo a perdere:
amori… affetti… e ciò è compassionevole.

Abbracciami e baciami con il baccano della felicità:
godiamoci con voluttà la gioia che ci si può concedere.

“Everything’s vanity” is what you say,
my sweet, sweet love (rispose lei)
But “everything” means that even these words are vain.
My love (ancora lei)
“Everything can be beautiful now” I say,
my dove (infine lei)
also beauty must die anyway.

Stanno pronte ad ogni evenienza:
nello sguardo di quel vecchio instabile,
dietro al gran cespuglio, proprio là,
e nel portamonete di quello sbruffone che
gioca all’idiota con le sue macchine.

Stanno… e non potrai starne senza,
non per sempre, dolce mia adorabile.
Perciò, come la vanità,
spostiamoci dall’ombra che le genera,
sapendo che non vorrà dire vincerle.

Abbracciami e baciami con il baccano della felicità:
godiamoci con voluttà la gioia che ci si può concedere

“Everything’s vanity…”

Sapore di miele

Sapore di miele
sapore d’amore,
della tua pelle dentro alla mia bocca,
quando torni a farti la mia faccia.

Un gusto melato
di cose già avute
(dopo un’ora sarebbero perdute):
si può solo riprendere a giocare

ancora e ancora
finchè lo vuoi.
Dammi il tuo nettare, mia bella Venere,
che tornerò il tuo duro Satiro.

Ancora e ancora
finchè mi vuoi:
con il tuo nettare, mia sacra Menade,
io tornerò dentro di te.

Sapore di miele,
sapore d’umore:
alveare mio, stilla ancora amore!
Suggo e bevo come fa l’ape al fiore.

Il tempo è dei giochi
che accadono allegri,
e solo questo è il mondo che vogliamo:
lascia un gusto dolce che godiamo

ancora e ancora
finche lo vuoi.
Dammi il tuo nettare, mia bella Venere,
che tornerò il tuo duro Satiro.

Ancora e ancora,
finche mi vuoi:
con il tuo nettare, mia sacra Menade,
io tornerò il tuo duro Priapo.

Ecco… lo sento ritornare…
Sì… tu dissetami… così…
Vieni a gustare il tuo sapore…
Il tuo desiderio… Qui… Su me… Ohh, sì…

Eccomi qui mia bella Venere!
Rinvigorito!, bella Venere…
Sono il tuo Satiro, ancorà e di più,
e vengo su e giù, su e giù, su e giù.

Eccomi qui mia sacra Menade!
Rinato!, mia gustosa Menade…
Sono il tuo Fauno, sono il dio Pan,
e vengo su e giù, su e giù, su e giù.

Canzone sensuale

Oggi vedo te in tutte le cose…
vedo solo te,
proprio come se ogni cosa
avesse tutte le tue qualità.

E sento solo te
nella vita che bisbiglia in superficie:
ovunque intorno a me
scorre come acqua la tua nitidezza.

E anche se non sei qui
adoro stringerti,
scioglierti i capelli,
baciarti e sorridere.

Lievità celeste
e azzurra complicità:
quando io ti abbraccio vedo la vita in blu,
e questo è ciò che la tua bellezza mi dà.

E assaporo te
mentre mordo un frutto e poi una liquirizia:
il tuo gusto è
ciò che rende amabile la loro essenza.

Odoro l’aria
e mi sembra svanire dietro la tua scia:
è incantevole
come i tuoi profumi pervadono la via!

E anche se non sei qui…

Lievità celeste

E anche se non sei qui
adoro stringerti,
scioglierti i capelli,
baciarti e sorridere;
scendere ai tuoi piedi
e piano tornare su,
soffermandomi ovunque.
Giungere ai tuoi occhi
e percepirne il calore,
odorando e guardando,
gustando e ascoltando…

Bella come il mare che ami,
è per te
che oggi
la vita
è in blu.

Negli abissi fra i palpiti

Quanti motivi per dir di te
negli abissi fra i palpiti!
Quante emozioni per scriverne,
come un pioniere partecipe
che fa ritorno da un viaggio di echi e rintocchi
in un reame di lugubri tonfi inarrestabili!

Quando tu ti rannuvoli,
e un temporale si appresta
a rovesciarti su tutti noi
come una pioggia repressa,
io sono pronto a farmi tuo ricettacolo:
per ogni goccia un oceano di empatie possibili.

L’infelicità non è che stimolo inevitabile.
La felicità non è che esito fugace.
Sei striggente eppur bellissima così come sei,
decorosa e tristemente chiusa in te.

E meglio dire che l’arte è
generosa fontana
o ritenere per giusto che
sia come una spugna,
che assorbe e s’imbeve di tutte le cose
con la curiosità e l’estasi della bontà?

Se non ti so aiutare
ad arginare la tempesta
tu lasciati consegnare
al mio tentativo migliore
di dare lustro alla tua dolorante dolcezza,
con le canzoni che concepisco intrise di te.

L’infelicità…

Stato d’animo

Niente oggi sembra favorevole:
gira il mondo con ostilità,
ogni impressione mi fa debole
e sento dentro solo sfiducia.

Basse le nubi che opprimono;
fredda, aliena e bieca la città;
pensieri e gorghi bui mi assediano
con la loro azione sudicia.

Domomani tutto si risanerà.
la vita ntornerà gradevole.
ma ora, in fondo alla voragine,
è dura…dura come non è stata mai.

L’inizio è stato pura paura
per la mia incolumità:
gli ho dato il nome della sventura
e l’ho tradotta in solitudine.

“Siam tutti soli?” mi son chiesto poi
sentendo il peso della sconfitta,
e una spirale malinconica
mi ha dato in pasto all’inquietudine.

Domani tutto si risanerà
e il mondo tornerà piacevole.
ma ora, in fondo alla voragine,
è dura… dura come non è stata mai.

Come non lo è stata mai…
E tu, mondo, come stai?
In che direzione andrai?
E anche tu, uomo, come stai,
ingordo, coi tuoi guai?
ma che domande stupide…
beh, domani passerà.

Prendo mio figlio a scuola,
camminiamo piano,
il suo ventre un po’ gli duole,
tengo stretta la sua mano.
Poi gli sfioro il capo
e penso proprio che è vero:
“la gente non è buona”
come canta il re corvo nero.

Domani tutto si rasserenerà
e anch’io tornerò socievole,
ma ora, in fondo alla voragine,
è dura… dura, come non lo è stata mai

Come non lo è stata mai…
E tu, mondo, come stai?
In che direzione andrai?
E anche tu, uomo, come stai,
ingordo, coi tuoi guai?
Ma che domande stupide…
beh, domani passerà.

Uno

E’ finita!
E’ finita!
La nostra favola è finita!

Semplice
e tragico:
è finita! Tutto qua.

Eri tu il mio amore, la mia dolce metà
la nostra vita insieme un’armoniosa unicità.
Se penso a quelle cose che morranno perchè
non potremmo più condividerle

muoio anch’io.

C’è qualche cosa di sbagliato nell’amore
C’è che quando finisce porta un grande dolore.
Perchè quando un’amicizia muore
non c’è questo spasimo che sa di tremenda condanna?

Non ho mai cessato di amarti ma
non riesco più a baciare la tua faccia
Non ho mai cessato di amarti ma
non riesco più a sfiorare la tua faccia
Non ho mai cessato di amarti ma
non riesco più a brandire la tua faccia.
Questo è il mio tormento la mia fatalità
il motivo della fine della favola!

CREDITS
testi: Cristiano Godano
musiche: Marlene Kuntz
arrangiamenti: Marlene Kuntz / Gianni Maroccolo
EMI Music Italy s.p.a.