MAXIMO PARK, Our Earthly Pleasures (Warp, 2007)

E alla fine sono tornati anche loro, i Maximo Park, ovvero il gruppo più amato e coccolato dalla critica tra i tanti venuti alla ribalta durante la British Invasion di un paio di anni fa (era il 2005 e con tutta probabilità quell’estate resterà indimenticabile quanto drammaticamente irripetibile per i cultori di indie rock britannico). E se i cavalli di razza si vedono soltanto all’arrivo, allora i Maximo Park dimostrano con questo secondo album di meritare dalla prima all’ultima tutte le sperticate attenzioni ricevute, confermando di essere, quanto a composizione e inventiva, almeno una spanna abbondante al di sopra di più altisonanti e strombazzati rivali.

Scrollatisi di dosso certe asperità e ruvidezze chitarristiche di derivazione post punk che avevano caratterizzato il fulminante ma discontinuo esordio (fruttando accostamenti, forse incongrui, con Joy Division e Wire e il conseguente e sbrigativo inserimento nella corrente “new new wave”), la musica dei Maximo Park si è ormai stabilmente insediata in quello spazio musicale compreso tra U2, R.E.M. e Smiths. Un triangolo perfettamente equilatero che all’impeto passionale dei primi sovrappone le trame mosse e scapigliate dei secondi, riordinando tutto attraverso le architetture ariose e regolari dei terzi, dai quali i Maximo Park mutuano anche una sottilissima e penetrante capacità di introspezione esistenziale, rintracciabile soprattutto nei testi, sempre molto curati e ricchi di immagini suggestive.

“Girls who play guitars” conferma l’assoluta concretezza del gruppo: non un nota che venga inutilmente sprecata, chitarre e tastiere che intessono una melodia calda e in levare che germoglia accordo dopo accordo, mentre la voce limpida e luminosa di Paul Smith va a prendersi il ritornello . “Our Velocity” è un pezzo altamente esemplificativo dell’ormai consolidato stile Maximo: tratteggio nitido e regolare della sezione ritmica, un mormorio di tastiere e sintetizzatori e, a seguire, l’irruzione della chitarra che increspa il suono con la sua grafia scomposta e ansimante prima che il ritornello inarchi un arcobaleno perfettamente circolare e panoramico, secondo una formula alchemica che riesce a far coincidere pop e punk, pur mantenendo inalterata la loro irriducibile differenza. “Books from Boxes” procede lungo la stessa traiettoria , ispessendo e assottigliando il tessuto a seconda dell’intensità, adagiando la voce sulla fibra elastica di una chitarra estremamente malleabile, capace di scatti improvvisi così come di bisbigli carezzevoli, e la successiva “Russian Literature” non fa che ribadirlo, sgranando una splendida melodia innaffiata da cascate di pianoforte. “Karaoke plays” denota una maturità compositiva ormai completamente raggiunta: davvero solida la coesione e la millimetrica simmetria di tutti gli elementi strumentali che vanno gradualmente a convergere come linee di forza di un campo magnetico verso l’eruzione di pura luce melodica del ritornello.

Più che canzoni verrebbe voglia di parlare di forme d’onda: “Your Urge” accumula energia masticando giri concentrici di tastiera (davvero caratterizzante e decisiva) e chitarra prima di esplodere in una sequenza di grande spessore emotivo (e il pensiero si lascia corteggiare da un ricordo dei Cure, anche altrove percepibili). “Unschokable” cerca di accelerare i tempi, palleggiandosi tra ritmiche spezzate e fendenti abrasivi in stile Who ma l’esito è piuttosto caotico e prevedibile. Meglio allora “By the Monument” che come un’ostrica custodisce dentro un guscio di punk ispido e tagliente, il segreto di un’altra melodia cristallina e iridescente. Stesso dicasi per “Nosebleed” che ferisce con la sua vulnerabilità e infioretta un disegno pop di rara precisione e bellezza ( che Keane e Coldplay non potranno mai regalarci).

Dinanzi alla tripletta “Fortnight’s Time”,”Sandblasted and set Free” e “Parisian Skies” e al loro repertorio di straordinaria ricchezza di soluzioni e sfumature, si potrebbe alzare bandiera bianca nella consapevolezza che questo gruppo ha ormai messo al sicuro il proprio futuro e non potrà negli anni a venire che migliorare, allargando quello spazio già grande che esso occupa nell’universo sentimentale dei suoi sempre più numerosi estimatori.

Per il sottoscritto una delle opere migliori di questo girone d’andata musicale 2007. Ai posteri e al tempo il verdetto definitivo.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *