DANI SICILIANO, Slappers (!K7 / Audioglobe, 2006)

Per una volta, partiamo dal gossip. Pare che la coppia d’oro dell’elettronica evoluta si sia separata: Matthew Herbert e Dani Siciliano non sono più marito e moglie, ma continuano a cinguettare amabilmente l’uno dei dischi dell’altro, lei come musa-chanteuse e lui come produttore geniale. Non deve essere gradevole, per lei, che anche nei suoi dischi solisti si finisca a parlare del consorte, ma è inevitabile: l’estetica di manipolatore di Matthew Herbert è talmente forte da essere riconoscibile in qualunque disco; per fortuna, Dani Siciliano ci scherza anche su, come nell’ottima “Be my producer” che chiude questo “Slappers”, il secondo disco realizzato – si fa per dire – da sola.

A un ascolto superficiale, queste undici canzoni assomigliano molto a quelle di “Ruby blue” di Ròisin Murphy, altro disco dove Herbert aveva messo mano; eppure, Dani si dà un gran daffare per scompigliare le carte: se le prime due tracce potrebbero essere tranquillamente outtakes di “Scale”, si cambia molto presto con una “Why can’t I make you high” che gioca in chiave electro con il ricordo country di Michelle Shocked; a “Too young” tocca di modernizzare il soul, mentre “Big time” è una ballata ombrosa e frastornata da mille ritmi, e l’acida e meravigliosa “Wifey” gioca con ottoni e broken beats. A un ascolto attento, dunque, i dettagli si percepiscono, eccome: eppure la voce di Dani Siciliano – elegante, morbida, sofisticata – finisce per appiattire tutto, proprio come la continua ricerca sonora, a lungo andare, penalizza le canzoni anziché arricchirle.

Per carità, i dischi brutti sono altri: però a Dani Siciliano possiamo chiedere di meglio. Magari di smettere i panni di “musa di Herbert”, e di liberare definitivamente il suo immenso talento.

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