Asian Dub Foundation, Rolling Stone (Milano) (4 maggio 2005)

Due anni dopo, stessa location e stesse note: così, gli Asian Dub Foundation fanno il loro ritorno italiano, a breve distanza dalla pubblicazione dell’ultima opera, “Tank” (Virgin, 2005). E, nuovamente, sonorità lisergiche prendono a scorrere su di un beat palpitante ed inconfondibile, un connubio tra l’incrocio di tradizioni vissuto alla Community Music House di Farringdon ed il nuovo ordine elettronico evolutosi tra Bristol e Manchester.

Così, il synth di Pandit G ed il basso di Dr Das creano la formula ideale, in pieno stile drum’n’bass, a sostegno delle scariche di chitarra elettrica di Chandrasonic. Su quest’onda, il viaggio sonoro fluttua tra la freneticità metropolitana di “Flyover”, simbolo del recente ritorno sulle scene del gruppo londinese, fino a risalire alle origini, tra i campioni di “Naxalite”, infiltrandosi per gli accenti dub di “Fortress Europe”. Ma sono le melodie intercettate tra i solchi dell’ultimo album a spaziare maggiormente durante il live, basti pensare all’energia di “Round Up” ed “Oil”, così pienamente in linea con lo spirito dell’ultimo lavoro in ogni battuta del ritmo stesso, protesta da gridare, denuncia cantata tutta d’un fiato.

E se, in tema di frontman, molti appassionati della prima ora riescono a sentire la mancanza, da ormai un paio d’album, del buon Master Deeder, gli MC’s certo non peccano quanto a grinta e capacità di coinvolgimento. Proprio attraverso la loro voce, un mix tanto semplice eppure trascinante non invecchia e si rinnova di continuo, riproponendosi nel gioco di bhangra e campionamenti di “Rise To The Challenge”, nell’incontro e confronto tra cultura hip hop e preghiere dal sapore indiano, nella denuncia a ritmo di marcia di “Take Back The Power”. Due anni dopo, stesso entusiasmo e stessa capacità di far propria e sperimentare memoria ed innovazione.