AFTERHOURS, Gioia e rivoluzione (CDS, Mescal / Sony, 2004)

Tempo di sconvolgimenti, in casa Mescal: il lancio internazionale di Cristina Donà, i Subsonica che abbandonano la casa madre e firmano per una major, l’ingresso in scuderia dei miei adorati Perturbazione, il ritorno dei Mambassa non privo di ambizioni internazionali e, infine, gli Afterhours che si danno al cinema.

Alla Mostra del Cinema di Venezia l’ultimo film di Guido Chiesa, “Lavorare con lentezza”, ambientato negli anni ’70 e incentrato sulle vicende della storica Radio Alice, vede come protagonisti anche il gruppo milanese, in un ruolo molto singolare, quello di uno dei gruppi più importanti della nostra storia, gli Area.

I pochi minuti dove gli Afterhours appaiono sullo schermo li vedono nella loro dimensione ideale, quella del palco, alle prese con una canzone – totem come “Gioia e rivoluzione”: “Il mio mitra è il contrabbasso che ti spara sulla faccia, che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita, con il suono delle dita si combatte una battaglia…”, ricordate?

Beh, gli Afterhours escono dal confronto con le ossa rotte. Perché un conto è avere una bella voce, ma Demetrio Stratos non si avvicina, e tentare di imitarlo significa finire male. Ascoltare questa cover e, subito dopo, l’originale, fa classificare il tentativo degli Afterhours come un tentativo davvero malriuscito.

Va molto, molto meglio con il resto dell’EP, un omaggio al nostro migliore cantautorato: la loro versione de “La canzone di Marinella” di De Andrè è ormai conosciuta (da un anno la usano per aprire i concerti), ed è una resa ineccepibile, martellante, sinistra: il pianoforte contrasta lo stridore delle chitarre e del violino, e la voce sembra arrivare da un pozzo profondo.

Tutt’altro clima si respira nella cover de “La canzone popolare” di Ivano Fossati: un brano storicamente importante per gli Afterhours, l’ultima tappa di avvicinamento al cantato in italiano che li porterà a un disco come “Germi”; solenne ed elettricamente dirompente, fu un’ottima introduzione a quel disco, e, recuperandola oggi, mostra ancora tutto il suo valore.

Conoscevamo già il meglio contenuto in questo EP, e preghiamo di cuore gli Afterhours di lasciar stare gli Area; e ora, non ci resta che attendere gennaio, quando Agnelli (in compagnia di Greg Dulli) ci farà ascoltare il vero, nuovo album della sua creatura.

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