TELEFON TEL AVIV, Map Of What Is Efforless (Hefty Records, 2004)

Arrivati al secondo disco, i Telefon Tel Aviv scoprono le melodie. Lo fanno costruendo musica elettronica ricca di calore e spostando l’attenzione sulle emozioni. Nei momenti migliori “Map of What is Effortless” riesce a coniugare questa tensione verso i sentimenti con suoni spezzati e talvolta freddi. Ed infatti l’unico brano che sembra non seguire questa linea di condotta, “My Weck Beats Your Year”, dà l’impressione di essere troppo freddo con la sua voce filtrata e meccanica ed i suoi suoni gelidi.

Il resto del disco offre tutt’altro. I Telefon Tel Aviv sanno creare brani di grande fascino sia quando affrontano spazi strumentali che crescono e si dilatano, sia quando compongono canzoni vere e proprie, accompagnati dalle voci di Lindsay Anderson e Damon Aron. Si inizia con “When It Happens It Moves All By Itslves”, brano strumentale in cui confluiscono orchestrazioni, ritmiche spezzate, rumori di fondo ed elettronica raffinata. Lì, come nel brano che intitola il disco, i Telefon Tel Aviv dipingono atmosfere di sottile inquietudine, suoni che parlano di notti piene di malinconia.

Momenti in cui il battito si fa lento e le emozioni vibrano nell’aria, così come avviene quando il duo americano mostra di saper comporre armonie che riescono ad incantare. Ecco “I lied”, con la sua pigra melodia tra preziose tessiture elettroniche e le orchestrazioni che affiorano lentamente, e poi “What It Was It Were Never Again” e il suo incedere sontuoso, tra archi e interferenze in sottofondo.

Ad ascoltarli si scorgono gli Zero 7, ma anche l’umore scuro di Portishead e Massive Attack, rivisitati con ritmiche spezzate, rumori disturbanti che compaiono all’improvviso. “Map of What is Effortless” è un viaggio che si avventura dentro una notte che sa di solitudine e sentimenti inquieti, ma che riesce anche ad aprirsi a sprazzi di dolcezza inattesa. Ecco “Nothing is Worth Losing That” e, soprattutto, “Bubble and Spike”, che ricorda certe atmosfere dolci amare di scuola Everithing But Girl, con un’armonia lieve e un sottofondo di interferenze continue e appena percettibili. Il tutto sigillato da “At the Edge of the World You Will Still Float”, canzone deliziosa che sfiora atmosfere acustiche inattese.

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