Belle and Sebastian, Rolling Stone (Milano) (17 marzo 2004)

Partiamo dalle poche note stonate. Per prima cosa l’acustica del Rolling Stone non è sembrata impeccabile, né il locale milanese, stipato fino all’inverosimile dal pubblico, è parso il luogo ideale per accogliere Belle & Sebastian. Il secondo rammarico è per le canzoni che mancano all’appello. “She’s Losing It” innanzitutto, giusto accennata da Stuart Murdoch e poi dimenticata. E poi “Get me Away From Here, I’M Dying”, “Seymour Stein”, “It Could Have Been a Brilliant Career” oppure “Dear Catastrophe Waitress” e “Lord Anthony” dall’ultimo lavoro del gruppo scozzese.

Si inizia dagli aspetti negativi per stemperare l’entusiasmo che l’esibizione ha lasciato. Perché Belle & Sebastian hanno offerto un concerto strabiliante, pescando molto dal disco pubblicato lo scorso anno, ma non dimenticando il proprio passato. Hanno fatto vibrare la parte più soul e colorata del loro repertorio, proponendo quel piccolo gioiello intitolato “If You Find Yourself Caught in Love”, con il suo ritmo incalzante e la sua melodia irresistibile, la deliziosa “Step into My Office, Baby” e poi “The Wrong Girl”, cantata a squarciagola dal pubblico.

Ma Belle & Sebastian non hanno dimenticato il loro animo più intimo. Si tocca prima l’episodio da cui è iniziata tutta la loro carriera, “The State I Am In”, poi si arriva alle note dolenti di “Fox In The Snow” e “I Fought In A War”. Tutto da incanto. Insomma un concerto di un’ora e tre quarti di rara intensità, con Stuart Murdoch impegnato prima a danzare nel modo un po’ impacciato con cui si muove sul palco, e poi pronto a sedersi al piano per accompagnare Sarah Martin in una delicata “Asleep on a Sunbeam”, piena di fascino.

Un gruppo ancora una volta, in modo forse un po’ sorprendente, in stato di grazia, con un repertorio così traboccante di grandi canzoni da potersi permettere di tralasciarne qualcuna senza avere grossi rimpianti. Bastano “Dylan In The Movies”, “Expectation”, “The Loneliness of a Middle Distance Runner” e la chiusura affidata all’indimenticabile “The Boy with the Arab Strap” per fare un grande concerto.