Intervista a The Juniper Band

In vista anche della loro partecipazione al “1° Kalporz Festival” in programma il 1° Febbraio al Calamita di Cavriago (RE), ho posto delle domande alla Juniper Band. Mi ha risposto, come portavoce del gruppo, Lorenzo Biagi, chitarrista. Ecco il nostro scambio di battute.

Innanzitutto complimenti per “Secrets of Summer“, a mio parere una delle novità più stimolanti di questo 2002. Come sono nate le 11 tracce presenti sull’album? Siete contenti del risultato ottenuto?
Beh, come prima cosa grazie per i complimenti: è sempre un grosso piacere vedere apprezzato il proprio lavoro.
Gli 11 brani di “Secrets of Summer” hanno cominciato a venire alla luce già dalle prime settimane subito successive alle incisioni di “…of debris…“, nostro mini d’esordio. Nonostante gli impegni promozionali legati al primo disco, abbiamo subito cominciato a lavorare sul nuovo materiale, ed abbiamo continuato a lavorarci nell’arco dei mesi lasciando che le canzoni, basate principalmente sull’improvvisazione e sul lavoro in sala prove, prendessero forma da sole. Il risultato finale ci sembra piuttosto soddisfacente; rappresenta bene ciò che abbiamo vissuto in questo ultimo anno, sia come gruppo che, individualmente, come persone.

Rispetto all’EP di esordio (“…of Debris and Daylong Dreams”), si nota un ampliamento della sfera delle derivazioni musicali. Si sente forte l’influenza della scena britannica (i Radiohead di “The Bends” su tutto) e il suono si è fatto più corposo. A cosa è dovuta questa “svolta”?
Per quanto riguarda la struttura e l’arrangiamento delle composizioni, sicuramente non ad una scelta predeterminata. Come dicevo prima, lasciamo che i nostri brani si scelgano da soli la direzione che vogliono prendere, perciò può succedere di trovare, alla fine, brani robusti e violenti accostati a brani più lenti ed introspettivi; questo è dovuto principalmente alle differenti inclinazioni musicali che singolarmente ci caratterizzano come musicisti. Per ciò che riguarda invece il lavoro svolto sui suoni, devo dire che abbiamo precisamente scelto di farli uscire così come sono: più caldi e profondi, più “forti”. Ci sono sembrati quelli che meglio potevano rappresentare le atmosfere racchiuse nelle nuove canzoni, e di questo dobbiamo ringraziare anche David Lenci che è riuscito ad interpretare perfettamente le nostre necessità.


L’ingresso nella line-up di Alessandro alle tastiere ha sicuramente arricchito la struttura delle canzoni. Come compone la Juniper Band? E’ un lavoro di gruppo?
Per la verità, Alessandro è entrato stabilmente a far parte di TJB quando quasi metà del disco nuovo era già stato composto, quindi era già spontaneamente iniziato un processo di evoluzione delle strutture melodiche che si facevano via via sempre più complesse e forse meno dirette, ma a mio modo di vedere, più interessanti. Tutto questo è stato ovviamente arricchito dall’ingresso in pianta stabile di Alessandro nel gruppo, grazie al quale abbiamo anche potuto esplorare territori che prima potevamo solamente sfiorare.
In linea di massima comunque si tratta di un lavoro di gruppo, basato sulle improvvisazioni a cui diamo libero sfogo in sala prove, fino a che non troviamo qualcosa di convincente sulla quale fermarci per darle definizione più approfondita e accurata. Non è però preclusa a nessuno la possibilità di portare agli altri idee più o meno già accennate, da elaborare tutti assieme e da rendere quindi complete e corali.

A parte l’influenza della scena anglosassone, come definireste le vostre coordinate musicali? Come vi ponete all’interno di un mercato poco attento all’indie rock come quello italiano?
Mi piace pensare a chi ascolterà il nostro disco come a persone che non si concedono ascolti troppo distratti, perché la nostra musica è in generale non molto entertainment, e ha quindi bisogno di una certa attenzione per essere capita fino in fondo. La sua funzione principale è quella di evocare atmosfere intime ed immagini sognanti nei suoi episodi più dolci, come in quelli più duri. Credo che le nostre composizioni diano a chi le ascolta la possibilità di rievocare dalla propria memoria alcune esperienze personali da associare a ciò che stanno ascoltando in quel momento.
Tutto questo non ci rende di certo la vita facile, vista la poca attenzione dedicata al settore della musica indipendente. L’unica soluzione che troviamo utilmente percorribile, è quella di continuare a suonare cercando di creare musica di buona qualità, senza preoccuparci troppo di quello che succede intorno. Forse ci sarà un tempo in cui le luci della ribalta si sposteranno anche su alcune realtà italiane molto valide, ma un po’ nascoste, che meriterebbero più visibilità.


In “Secrets of Summer” avete avuto l’opportunità di ospitare in un brano la voce di Thalia Zedek (cantante dei Come). Com’è nata questa collaborazione?
E’ nata da un nostro sincero sentimento di stima artistica nei suoi confronti, che è diventata anche stima personale quando abbiamo avuto modo di conoscerla meglio durante le registrazioni in studio. Siamo sempre rimasti in contatto con lei nelle varie occasioni in cui si trovava in Italia nei mesi scorsi, occasioni in cui le abbiamo fatto ascoltare il nostro primo disco prima, e il provino di “Lights from a Bar” poi. Le abbiamo proposto di interpretare la parte vocale di questo brano per noi, e lei ha accettato con entusiasmo; così ci ha raggiunto in studio, dove è rimasta con noi per 4 / 5 giorni, e ha inciso, a mio parere ottimamente, la parte vocale di “Lights…”. E’ stata un’esperienza molto bella, che ci ha consegnato una bella canzone, un bel ricordo, e un’amica gentile e disponibile con la quale ci piacerebbe collaborare ancora.


Sentendo “Secrets of Summer” e ripensando a “…Of Debris and Daylong Dreams” ci si rende conto di come la musica, pur evocando nomi come MotorpsychoPink FloydSonic Youth e Lullaby for the Working Class, sia ormai caparbiamente vostra; avete raggiunto un vostro suono, facilmente riconoscibile. Dove conduce il futuro della Juniper Band?
Questo proprio non lo so. Come dicevo prima, lasciamo che il nostro progetto si scelga da solo la direzione che vuole prendere. Non è più di tanto un atteggiamento fatalista il nostro, ma più semplicemente la via più spontanea che abbiamo trovato per collaborare in modo armonico tra di noi come musicisti. Nonostante sia convinto dell’esistenza di un sentimento di base che unisce i nostri primi due dischi, resta innegabile che i mezzi espressivi utilizzati nel secondo differiscono non poco da quelli utilizzati nel primo; e così potrebbe succedere ancora la stessa cosa per il nostro prossimo lavoro, le coordinate potrebbero essere di nuovo differenti da quelle precedenti, oppure potrebbero restare ancora le stesse, ma deviate in altre direzioni. Ancora non lo sappiamo, staremo a vedere.


Quali album che avete ascoltato quest’anno vi hanno colpito particolarmente?
Mi vengono in mente il nuovo Queens of the stone age, Sigur Ros, Shannon Wright, i L’Altra…anche se alla fine ognuno di noi ha ascoltato musiche molto diverse, magari anche cose molto vecchie o molto sperimentali…

Con quali certezze vi lascia questo 2002?
Con la certezza di avere soddisfatto le nostre aspettative. Secrets of Summer è venuto come lo volevamo noi, e questo non mi pare poco. Poi potrei azzardare anche la quasi “certezza” di essere riusciti in questi due anni di lavoro intenso, a farci conoscere (e apprezzare?) per le caratteristiche che ci sarebbe piaciuto evidenziare della nostra musica, e del nostro progetto in generale