BLONDE REDHEAD, “Fake Can Be Just As Good” (Touch and Go, 1997)

I Blonde Redhead, abbandonata la Smell Like Records, si affiliano alla Touch and Go. La produzione passa in mano a John Goodmanson, che affianca la band nel tentativo di elaborare ulteriormente il suono.

Tutte le canzoni sono registrate nell’ottobre del 1996 nello studio della Touch and Go, tranne “Bipolar” e “Oh James”, registrate nel vecchio studio di Hoboken, sempre a New York.

Già l’attacco di “Kazuality” mostra una novità importante: una tastiera campionata accompagna il solito stridore delle chitarre, prima che queste prendano nettamente il sopravvento. I Blonde Redhead sembrano interessarsi alle possibilità di mescolare rock ed elettronica, come altri gruppi stanno già sperimentando, ma lo fanno ancora in maniera molto timida, utilizzando le tastiere più che altro per adornare i contorni delle canzoni. Comunque le loro chitarre non sono mai state così distorte, come nella seguente sinfonia del triplice – questo del triplo diventerà un punto ricorrente -. Importante anche l’apporto del basso, suonato per l’occasione da Vern Rumsey degli Unwound.

“Water” sembra anticipare in pieno l’album seguente, di nuovo le tastiere campionate danno il via a “Ego Maniac Kid”, solito brano di rilassamento, cantato con dolcezza da Kazu. Ma il punto più alto dell’album è la sublime “Pier Paolo”, logicamente dedicata a Pasolini – il cui nome compare anche nei ringraziamenti – dal testo intenso (“A pice in a world an expression no salt no tears, cautiously with you on detention i submit and you smile“) e che si riallaccia alle sonorità dei Fugazi. La collaborazione con il gruppo capitanato da Guy Picciotto continua anche nelle numerose tournée affrontate insieme.

Esaurito il debito con Pasolini i Blonde Redhead ritornano alle distorsioni urlate in “Oh James” e nella finale “Futurism vs. Passéism”, degna conclusione di un album nevrotico, mentalmente esaurito, energico e fragile allo stesso tempo, in rotta di collisione sia con il proprio passato che con il proprio futuro. A corollario del tutto, nel libretto, la seguenti frase: “Amo tutti esattamente allo stesso modo”.

Un velato senso di insicurezza che spinge i componenti del gruppo a fare del book un album di fotografie, istantanee che si aggrappano ai volti cercando di immergerli nella musica. Un momento di debolezza combattuto con le armi migliori, un punto di passaggio che diventa fondamentale proprio nella sua imperfezione e che trarrà spunto per il futuro proprio da questa imperfezione.

73/100

(Raffaele Meale)

21 novembre 2002

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