THE JAMES TAYLOR QUARTET, Do Your Own Thing (Polydor, 1990)

Con questo album, l’ex membro dei fantastici Prisoners mette la firma su una delle più riuscite realizzazioni nel campo Acid-Jazz ed inaugura una personale splendida triade che si sviluppa nel live dell’anno successivo e si chiude con l’eccelso “Supernatural Feeling”, datato 1993. Rispetto ai lavori precedenti i pezzi strumentali calano decisamente di numero, favorendo l’estrinsecarsi della bellissima e calda voce del vocalist (a volte anche co-writer) Noel McKoy. Inoltre la line up del Quartet si stabilizza, con il fratello David alla chitarra e l’ottimo John Willmott a pennellare con il suo sax. Magnifico il lavoro di Andrew McGuinness alla batteria, il quale ha il merito non indifferente di non far sentire la mancanza di quella piovra di Steve White, drummer jazz-rock come pochi.
Ma quello che salta maggiormente all’orecchio è la grande raffinatezza ed il superbo controllo del suono, qualità che unite al solito esplosivo mix energetico creato da Taylor elevano “Do Your Own Thing” a masterpiece, influenzando in modo decisivo lo sviluppo Acid (e non solo!) degli anni ’90. Varietà e potenza, classe e freschezza si toccano con mano, cominciando da brani come “Love the Life” e “Killing Time” (potenziali dance hits), continuando nello splendido soul 70’s di “The Money” e nel brass beat tiratissimo di “J.T.Q. Theme”. “Ted’s Asleep” – meraviglioso instrumental soul-prog-newage! – fa da prologo alla riuscita cover di “Always There”, mentre la travolgente “Samba for Bill & Ben” sembra scaturire direttamente dalla fantasia di qualche mitica firma brasileira. “Peace Song” chiude l’album col suo incessante tempo stop and go, e noi nel frattempo ci chiediamo come “Do Your Own Thing” (al pari delle altre pubblicazioni del JTQ) non abbia incontrato il favore del grande pubblico. Questa però è un’altra, sovente incomprensibile, storia.

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