Intervista a Rodolfo Maltese

Se vogliamo fare dei parallelismi tra grandi gruppi del rock possiamo dire che Rodolfo Maltese sta alla storia del Banco del Mutuo Soccorso come Martin “Lancelot” Barre a quella dei Jethro Tull.
Entrambi hanno sostituito il primo chitarrista ed entrambi sono delle colonne portanti di queste due inossidabili formazioni. Dopo aver militato nella prima formazione degli Homo Sapiens (poi tristemente noti per la melensa Bella Da Morire) Maltese raggiunse il Banco nel 1973 durante la registrazione dello splendido “Io Sono Nato Libero”.

Il suo stile, duttile ed elegante, trovò subito il giusto spazio tra le portentose tastiere dei fratelli Nocenti e l’evocativa voce di Francesco Di Giacomo. Nella sua lunga e prestigiosa carriera il musicista di Orvieto (classe 1947) non si è limitato solo all’attività con il Banco ma ha dato vita anche a interessanti progetti solisti (R. M Jazz Group e Tetes De Bois) e da diverso tempo porta avanti un innovativo discorso etno-rock con gli Indaco di Mario Pio Mancini e Arnaldo Vacca (ora approdati ad un contratto con la BMG). Abbiamo “scovato” ultimamente Rodolfo Maltese durante le impegnative prove dell’ambizioso progetto “Le Chiavi Segrete Del Rock: i territori del linguaggio”, una serie di incontri tra poesia, pittura, multimedialità e musica destinata ai ragazzi delle scuole medie. I musicisti coinvolti nell’operazione (Rodolfo, Viola Nocenzi , Alessandro Corsi del Balletto di Bronzo e Giampiero Lattanzi) si sono ritrovati per le prove nella elegante residenza di Vittorio Nocenzi, nel cuore dei Castelli Romani. Il tutto sotto l’attenta direzione artistica del grande tastierista, geniale ideatore di questa singolare iniziativa. Ancora una volta Rodolfo Maltese, persona gentile e garbata, ha dimostrato la sua abilità strumentale. Ecco le sue parole tra una pausa e l’altra delle prove, dove ha ripercorso per noi una parte della sua gloriosa carriera.

Dunque, tu sei nato principalmente come chitarrista o trombettista?
R. Maltese “La cosa è avvenuta contemporaneamente. Io ho sempre suonato la chitarra ma quando avevo sedici anni, e vivo a Lucca, un mio amico mi convinse ad iscrivermi al Conservatorio Boccherini. Inizialmente mi volevo orientare verso lo studio del flauto ma c’erano troppo anni di studio per diplomarmi. I docenti mi dissero che ero portato per la tromba e seguii questo consiglio. anche se, dopo tre anni, non ho completato gli studi e mi sono rivolto ad altri interessi.”

Una domanda classica, quali sono i chitarristi che ti hanno influenzato?
R. Maltese “Io ho un background jazzistico e ho sempre amato i grandi maestri del genere come Wes Montgomery e Jim Hall. Negli anni successivi ho scoperto John McLaughlin e soprattutto Allan Holdsworth, che riassume le caratteristiche principali che più mi piacciono in un chitarrista. Per il suo stile estremamente variegato mi piace molto anche Ralph Towner degli Ohio. Quando conobbi Stefan Grossman a Frascati nel 75 approfondii la conoscenza dello stile finger-picking sulla chitarra acustica, uno stile che mi affascina molto e che ho sviluppato anche di recente.”

La tua prima incisione con il Banco è “Io Sono Nato Libero” anche se compari solo come ospite. Come mai?
R.Maltese “Quella fu una scelta (o meglio un errore) perchè non sapevo se i miei interventi sarebbero rimasti effettivamente nella stampa del disco. In realtà, come Vincenzo sa bene, ho suonato su tutte le tracce, dalla prima all’ultima nota (e si sente n.d.r), arrangiando alcune parti di chitarra come in “Non mi Rompete” dove ci sono due chitarre acustiche sovraincise.”

Si dice che Marcello Todaro fu allontanato per limiti tecnici…
R. Maltese “Non penso sia questo il vero motivo. Probabilmente lui voleva fare una vita pù tranquilla e meno stressante di quella del musicista. Comunque Vittorio cercava un chitarrista che potesse suonare anche altri strumenti, come me. Ad esempio nelle esibizioni live di Darwin sul finale de La Conquista Della Posizione Eretta serviva qualcosa che assomigliasse al barrito di un Mammouth.
Per questo mi venne l’idea di utilizzare il corno francese che si rivelò perfetto per questo uso.”

Tra i tanti concerti memorabili che avete fatto nel corso di quasi trent’anni di gloriosa attività c’è quello al Teatro Malibran di Venezia nel 1975 per la presentazione dell’album inglese…
R. Maltese “Effettivamente fu un’esperienza incredibile e in gran parte incancellabile. Oltre alla grande atmosfera che si viveva tra il pubblico c’erano presenti anche Greg Lake, Keith Emerson e il loro manager. La cosa ci spinse a suonare al massimo delle nostre capacità. Quello che ricordo bene è che per trasportare l’attrezzatura fino al teatro furono utilizzate delle gondole che attraversavano i canali e poi scaricarono gli strumenti lì al Malibran. Sembrava la scena di un film…”

In quel periodo si parlava di una presunta rivalità tra il Banco e la PFM ma come ha detto Vittorio in una intervista a Nobody’s Land la Premiata era composta da grandi musicisti che avevano dei modelli stranieri precisi. Voi invece eravate più improntati su una ricerca mediterranea che non vi ha aiutato a raggiungere il successo in Inghilterra…
R. Maltese “La storia della rivalità era nata anche perchè la PFM incideva come noi per la Manticore e utilizzava lo stesso studio di Londra tanto che quando andammo agli Advision Studios dovemmo aspettare una settimana prima che loro finissero di incidere. Come hai detto tu, la differenza tra noi e loro non era solo musicale ma anche testuale. I nostri testi infatti affrontavano spesso temi rivolti verso le problematiche giovanili di allora, vedi il grande movimento politico italiano, difficilmente esportabili in Inghilterra. C’era negli anni settanta un grande interesse nella musica progressive legato proprio a questo movimento che seguiva da vicino il genere. Quando l’interesse politico giovanile scemò calò velocemente anche l’interesse nel progressive. Oggi, anche ai concerti del Banco, vedo con piacere che molti giovani ascoltano nuovamente musica progressive. “

In un vecchio Ciao 2001 del 1978 ho letto che avevate scritto la colonna sonora di un film di fantascienza italiano, che fine ha fatto quel materiale?
R. Maltese “Il progetto fu abbandonato quasi subito perchè abbiamo notato la poca serietà delle persone coinvolte nel film. La musica strumentale era comunque stata scritta indipendentemente dalla pellicola ed è in gran parte confluita su “…Di Terra”.”

Dopo tanti anni con il Banco è arrivato un tuo progetto solista con lo sfortunato “Il Gabbiano Jonathan” nel 1989…
R. Maltese “Purtroppo non è mai stato pubblicato anche se ho ripreso alcuni brani sul primo disco degli Indaco, almeno non sono stati buttati via (mentre ne parla si nota una certa amarezza nelle parole di Rodolfo n.d.r). Non è stato realizzato per vari motivi e soprattutto perchè ci sono persone che non mantengono le promesse fatte. Spesso i musicisti non si sanno gestire bene. La cosa strana è che se qualcuno mi chiedesse oggi di stamparlo non avrei il tempo per farlo. Molto meglio è andata la situazione con i Tetes de Bois con i quali, come sai, ho pubblicato due lavori, l’autoprodotto Anche se non fosse amore e Pezzi Di Ricambio, registrato per una sottoetichetta della Emi ovvero la Catapulta. Li ho conosciuto Maurizio Pizzardi ed è nata una interessante collaborazione artistica. Ultimamente ci esibiamo con lui in un duo acustico alle prese con classici dei Beatles e standard vari. Tra l’altro quello era del periodo dei concerti nella metropolitana di Roma, con Francesco che declamava poesie sugli autobus,un progetto che ricordava quali fatti a Parigi e a Londra un pò di tempo prima.”
“..

Per chiudere questa breve intervista, c’è un brano del vostro repertorio storico al quale sei particolarmente legato e che vorresti finalmente riproporre dal vivo nei prossimi concerti?
R.Maltese (si ferma un attimo per pensare poi dice con voce sicura)” Si, Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico, anche se è un pezzo estremamente articolato che mi vedrebbe coinvolto con vari strumenti come la tromba, la chitarra a 12 corde e quella acustica. Spero che gli altri della band abbiano lo mia stessa voglia di eseguirlo perché sarebbe davvero una bella emozione riproporlo al pubblico dopo tanti anni. L’idea per farlo non manca…”

Dopo la breve pausa, Rodolfo finisce di bere il suo caffè e ritorna ad imbracciare la chitarra. Ci sarebbero molte altre domande da fare ma ci riproponiamo di incontrarci con più calma. Attraverso le sue parole abbiamo capito che per lui la musica è qualcosa di speciale che lo accompagna da sempre.