CONNECTIONS, “Foreign Affairs” (Trouble In Mind Records, 2018)

Kevin, Andy, Mike, Dave e Phil, vengono da Columbus nell’Ohio e suonano tutti in una band che si chiama Connections e che probabilmente è una delle migliori indie-rock band possiate ascoltare in questo momento storico specifico. Dopo una serie di pubblicazioni nel corso degli ultimi quattro-cinque anni il gruppo esce su Trouble In Mind Records con questo nuovo LP intitolato “Foreign Affairs” (uscito lo scorso 11 maggio) e che è oggettivamente sorprendente. Voglio dire quanti dischi di musica rock’n’roll, indie, pop ascoltate ogni anno e che suonano sicuramente bene, ma dove praticamente tutte le canzoni – come in questo caso qui – funzinano tutte così bene che ti viene da pensare che a questi quattro ragazzi la scrittura delle canzoni riesca con una facilità che ti fa pensare a altre esperienze tipiche come quella dei Minutemen oppure il paragone (forse abusato, ma neppure tanto) con i GDV e Robert Pollard, uno che effettivamente per quello che riguardi lo scrivere canzoni e una certa ispirazione complessiva, non fa sicuramente eccezione.

Del resto è proprio questo marchio “Made In Ohio” (quello di GDV, Breeders, Gaunt) che costituisce la base principale su cui sono costruite queste ballads pop-rock (14 in tutto, più “Intro” e “Outro”), così tanto quanto la devozione a forme alternative-rock degli anni novanta (a partire dalla solita grande lezione dei Pavement) e qualche sfumatura indie del tipo Clap Your Hands Say Yeah! che andava forte dieci-quindici anni fa. Fare il solito track-by-track in questo caso qui non ha tanto senso, a parte perché alcuni pezzi sono praticamente fulminanti e nella loro piacevolezza e scorrevolezza ti sfuggono praticamente tra le mani; poi perché la particolare scelta in sede di mixaggio, vuole tutte le tracce susseguirsi in un continuum con la sensazione di essere letteralmente travolti da questa carica di energia tanto positiva quanto contagiosa.

Perché il grande merito di questo disco sta proprio in questo alla fine: contenere e trasmettere contenuti positivi. Parla di amore, amici e amare tanto il rock’n’roll quanto la pop music e oggettivamente penso che ci sia bisogno di queste cose in un mondo giovanile che mi sembra invece orientato verso un certo nichilismo di fondo (specialmente nel nostro paese) e che, nel rinnegare la musica pop-rock diciamo “tradizionale”, si può perdere pericolosamente in altre deviazioni. Menzionare gruppi come Sebadoh oppure – tra quelli più recenti – i Men, ci può stare benissimo, anche se i Connections hanno chiaramente una attitudine più pop – ma intelligente – che poi assume pure quella sfacciata ironia Stephen Malkmus e quello spirito Pavement che era espressione di pura libertà e un invito a vivere una “range life”.

“Foreign Affairs” è dedicato a loro, a questi ragazzi che qui sfido su quel campo che gli dovrebbe competere, quello della spensieratezza e della gioia di vivere: questo qui è uno dei vostri dischi pop dell’anno. Carpe diem.

80/100

(Emiliano D’Aniello)