PAUL WELLER, “A Kind of Revolution” (Parlophone/Warner, 2017)

20esimo album della gloriosa e scintillante carriera dell’uomo di Woking (no, non stiamo parlando di McLaren, anche perché di questi tempi..), una versione deluxe da oltre due ore con ventinove brani, tra cui numerosi strumentali, e una classica con i nuovi 10 brani.
Il primo brano “Woo sé mama” lancia un soul funk degno del miglior Motown, una botta di vita, sensualità e sorrisi smaglianti.
Ovviamente presente numerose ballads, da “Long Long Road” a “Hopper”, per finire con “The impossible idea”. La cifra stilistica di Weller e dei musicisti che hanno suonato con lui in questo album è enorme, altissima, una perfezione di suono e d’interpretazione che solo l’uomo col foulard di seta a pois può mettere insieme con tanta disinvoltura.
Altra architrave di “A kind of revolution” è il funky, che ritorna indomabile in “She moves with the Fayre” e si mischia con il pop in “One Tear”.
La sperimentazione, presente in tutto il lavoro, brilla nel tribal di “New York”, splendida cartolina sonora della capacità della Grande Mela di assorbire e reinventare tutto come una spugna.
C’è anche spazio per la malinconia tipica del Britpop presente in “Satellite Kid”, un titolo molto identificativo della stagione ’90 inglese, rielaborato dal punto di vista sonoro nella maturità che oggi Paul possiede nell’esecuzione e scrittura dei brani.
Un album pregno di mondi e scenari diversi, condotti tutti da un sound preciso nella sua bellezza.

The Modfather is back! Non perdetevelo il 10 Settembre all’Estragon di Bologna.

78/100

(Francesco Fauci)