A MINOR PLACE, “Staying Home” (Autoprodotto, 2015)

amp1La storia ha un non so che di romantico.
Lasciatomi guidare da una bella recensione di Maurizio Blatto sull’album in questione, vado a farmi un giro sul web per ascoltare. Mi imbatto nella sfolgorante “In the Motorcity – ode to Monica C”.

La mia giornata cambia. Voglio sapere dove ha preso vita questa canzone delicata e sognante. Italia. Teramo per la precisione. Sono nelle Marche in vacanza con la mia famiglia. La connessione va e viene. Questa canzone dalla testa non se ne va. Vorrei ascoltare tutto quello che c’è su Soundcloud ma ho paura delle interferenze della maledetta connessione e poi il box con i sei 7” limitato a mano è qualcosa che potrebbe alleviare il post vacanza. Scrivo direttamente ad Andrea Marramà, responsabile assieme alla moglie del progetto A Minor Place. Scopro, oltre al fatto di essermi imbattuto in una persona gentilissima, che la musica di questo duo è vero artigianato pop. Ma le masse non lo sanno. Si tira in ballo, a ragione, tutto l’indie-pop del mondo. Quello che, come una cometa, passa solo una volta. Capita che la tua vita, in quel momento, sia al punto massimo di soddisfazione (o insoddisfazione, va da se) e tu ti attacchi a quella coda luminosa come a rimarcare la tua appartenenza ad un certo stile di vita. Le canzoni, ovviamente. L’amore che provi per esse, ovviamente. La bellezza che esprimono e che riesci a esprimere parlando di loro. Ne mostri orgoglioso il lato eroico e le stringi a te come le cose care.

Tornando alla musica, cosa distingue questo prodotto da un qualsiasi orgoglio indipendente? L’estetica inizialmente. Ma questo genere di musica, che è il sollievo e il riparo dagli schiamazzi dell’odierno vivere, ha un corpo ed anche un cuore. Che è quello che batte dentro canzoni come “Summer Dress (That Marta Thing)”, circolare giro di chitarra e fischiettio romantico nell’aria, oppure “The World According to Claudia”, la purezza degli anni ottanta, la libertà dei novanta e uno sguardo al futuro che non ci fa più paura. In questo Box ci sono anche le intuizioni, i colpi di genio dentro canzoni che non temono l’usura del tempo e le dichiarazioni d’amore che sono la più grande rivoluzione dai tempi dei computer. E poi in “The Poplover” gli omaggi, neanche troppo velati, per tutta quella musica POP indipendente che per noi ha lo stesso significato di popolare.
Le masse non lo sanno, ma noi siamo una grande famiglia e questo basta e avanza.

80/100

Nicola Guerra