AIR, Estragon, Bologna, 22 gennaio 2010

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Va bene che “Love 2” aavrebbe funzionato solo come colonna sonora di un porno francese di un paio di decenni fa, quando al massimo episodi precedenti degli Air sarebbero stati più da cinema erotico d’autore. Ma visto e considerato che i due hanno già regalato a Sofia Coppola e ai posteri, una delle soundtrack più emozionanti dello scorso decennio, perché rinunciare a un concerto degli Air? A tre lunghi anni di distanza dalla loro ultima apparizione in Italia, l’ottima toccata e fuga all’Alcatraz di Milano per la presentazione di “Pocket Symphony”, album non eccellente, ma con ancora qualcosa da dire. In definitiva, avremmo il diritto di tirarcela snobbando il secondo dei loro tre appuntamenti in Italia che peraltro sfiorerà il sold-out, solo e soltanto se in Italia avessimo qualcosa di simile agli Air. Non lo abbiamo né lo avremo mai probabilmente, quindi poche storie.
Il manierismo degli Air di “Love 2” resta un manierismo di qualità. Il trittico di novità che apre alle 22.30 in punto la serata lo testimonia. Le acidità sintetiche della opening track di album e live, “Do The Joy” se solo i volumi fossero più sostenuti farebbe calare un’ideale nebbia in un Estragon insolitamente affollato. Come del resto in album, formazione a tre, equilibrio presto raggiunto, con la parentesi kitsch à la Gainsbourg di “Love” che addormenta troppo presto la situazione dopo il primo prematuro break di “So Light Is Her Footfall”. Se “Missing The Light Of The Day” manca dell’arrangiamento risolutore e “Tropical Disease” fa quasi sorridere per lo spiccato e ostentato revivalism da sottofondi balneari anni ’70, solo “Be A Bee” pur restando agganciata allo stesso decennio come eredità, convince a pieno. Quell’ossessiva progressione ritmica su cui scivolano synth da thriller e un saggissimo giro di chitarra da spy-movie la rendono irresistibile. Un impensabile ponte tra Kraftwerk, kraut e b-movie. Hanno sempre dovuto non poco a Kraftwerk e derivati, in fondo i due, edificando un metafisico ponte ambient tra quella scuola e il french-touch infarcendola di svariate venature difficili da riunire sotto un’unica etichetta. Se non quella di Air. Il duo cui si chiederebbe di scrivere la colonna sonora della propria vita.

Il miele arriva e ce n’è per tutti nelle avvolgenti “Venus” e “Cherry Blossom Girl” da “Talkie Walkie”. Arrivano anche gli interludi più agrodolci e algidi con l’insuperabile “High School Lover” il tema strumentale da Virgin Suicides e i loro peculiari crepuscolarismi electro-ambientali, “J’Ai Dormi Sous L’Eau”, ripescata con piacere da “Premiers Symptomes”, e “People In The City” perla da “10,000 Hz Legend” come la lunare “Radian”, seppur in versione ridotta e accorciata, come molti altri brani. Non che i due a tratti diano l’idea di svolgere il compitino, un signor compitino di cui avrebbero tutto il diritto. Ma sarebbe una pretesa inutile chiedere meno freddezza dagli autori di panorami desolanti quali una “How Does It Make You Feel?” che complice la poca partecipazione della platea è un brivido lungo la schiena. Pretese esose anche alla luce del fatto che Jean-Benoit si faccia scappare un paio di ringraziamenti e di saluti arrivando a una concessione alla simpatia prima delle fischiettate western di “Alpha Beta Gaga”, che presenta come un brano da cantare solo conoscendo il francese. Brano che si infila in un finale che non si può non definire in crescendo. Con la consueta compostezza i due si lasciano quasi prendere la mano. La voce di Dunckel è in un universo parallelo. Il basso di Nicolas Godin è sinuoso e ipnotico nelle tortuose trame lounge da viaggio senza ritorno verso l’etere fino all’acme emotivo di “Talisman”.

“Kelly Watch The Stars” suonerebbe come una concessione, in una sua versione più spinta e daftpunkeggiante, ma è la proverbiale cosa giusta al momento giusto. Meno giusto, ma prevedibile, dopo due minuti contati di pausa, ripresentarsi con la stucchevole “Heaven’s Light” dal nuovo, con tanti brani lasciati da parte. E altrettanto prevedibilmente chiudono l’ora e venti di pacato night club, i due classici che tutti attendono e finalmente rompono quel ghiaccio costruito così ad arte dal duo di Versailles, “Sexy Boy” e “La Femme D’Argent” dal monumentale “Moon Safari” ( http://www.kalporz.com/recensioni/moon-safari-air.htm ).
Ovvero il miglior futuro possibile che avrebbe immaginato la musica anni ’60 per far crescere i propri eredi. Amour, Imagination, Rêve. Che poi sia andata diversamente è un discorso più ampio.

Do The Joy
So Light Is Her Footfall
Love
Remember
J’ai Dormi Sous L’Eau…
Venus
Missing The Light Of The Day
Tropical Disease
People In The City
Radian
Cherry Blossom Girl
Be A Bee
Highschool Lover
How Does It Make You Feel?
Talisman
Alpha Beta Gaga
Kelly Watch The Stars
————–
Heaven’s Light
Sexy Boy
La Femme D’Argent

(Piero Merola)