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Send a Prayer My Way, l’album collaborativo delle cantautrici indie Julien Baker e Torres (aka Mackenzie Scott), è una profonda e sentita rivendicazione della musica country da parte di due artiste queer cresciute amando ma spesso sentendosi escluse da questo genere. Entrambe originarie del Sud degli Stati Uniti (Baker dal Tennessee, Scott dalla Georgia), le due musiciste dimostrano una conoscenza intima e un profondo rispetto per le tradizioni del country, pur riscrivendone i codici per riflettere le loro identità e vissuti personali.
L’album onora i tratti distintivi del country classico con armonie struggenti, narrazione emotiva e testi taglienti ma ne espande anche i confini. Le loro voci si completano, quella dolce e vulnerabile di Baker a cui si contrappone quella decisa di Torres. Questo scambio è particolarmente potente in brani come “Dirt”, dove le due cantanti si intrecciano creando qualcosa di veramente particolare.
“Sugar in the Tank”, il primo singolo, mette in mostra la loro chimica richiamando sia il country-pop da classifica che il roots-rock più genuino. Altri brani, come “Off the Wagon” e “Bottom of a Bottle”, esplorano invece il lato più oscuro e malinconico del country, evocando le atmosfere di Lucinda Williams e Son Volt. “Downhill Both Ways” aggiunge il tocco malinconico della pedal steel per raccontare una storia di dolore e dipendenza in un’oscura provincia americana.
Il brano più emotivo dell’album è “Tuesday”, che racconta una relazione queer segnata da bigottismo religioso. È uno dei brani più personali e politicamente forti, a testimonianza della volontà delle due artiste di creare una musica country in cui anche il pubblico LGBTQ+ possa riconoscersi. Invece “No Desert Flower” è un inno folk che canta di resistenza al mondo avverso e “Sylvia” una ballata outlaw intrisa di nostalgia e rimpianto.
Le cantanti rendono omaggio a collaborazioni femminili leggendarie come Trio (Parton, Harris, Ronstadt), evocando lo spirito di pionieri queer del country come Lavender Country. Dal country honky-tonk di “The Only Marble I’ve Got Left” alla quieta potenza di “Tape Runs Out”, Send a Prayer My Way è una miscela vibrante di rispetto e ribellione. Non si limita a celebrare il passato del country: ne rivendica un futuro più inclusivo, intrecciando le vite vissute con la sua storia e ampliando con grazia, ironia e onestà le possibilità del genere.
79/100