M83, “Fantasy” (Virgin/Mute, 2023)

Aspettative: ruota sempre tutto attorno alle aspettative ed averne, per “Fantasy”, il nuovo progetto di M83, senza un’attenta valutazione, potrebbe condurre ad una sicura delusione. L’osannato “Hurry Up, We’re Dreaming” ha consacrato e condannato Anthony Gonzalez a subire e sopravvivere all’inaspettato successo, trovandosi sommerso da pressanti richieste di un pubblico generazionale impaziente, affamato di nuovi contenuti. Per non venire fagocitato dall’ossessione di replicare il successo dell’album nominato ai Grammy, Gonzalez ha preso tempo buttandosi a capofitto in numerosi progetti, come la produzione di colonne sonore di film. Questa allure cinematografica ha pervaso anche “Fantasy”, capace di restare in bilico con un piede su una nuvola sospesa nell’aria e l’altro su questa vulnerabilità più essenziale che ricorda, grazie ai synth ronzanti, le prime sperimentazioni di M83.

I primi lavori di M83 racchiudevano simultaneamente lo shoegaze e il synth “cosmico”, campionando e registrando approssimativamente voci femminili appartenenti ad un altro mondo, come a suggerire storie intrise di terrore. I più grandi successi sono arrivati quando, temperato lo stile con un revival nostalgico anni ’80, gli assoli di sax, i synth-wash maestosi e i motivetti da video games, sono diventati via via sempre più predominanti e necessari. Questa contrapposizione consente a M83 di suonare per tutta la tracklist di “Fantasy”, spaziando tra profondi respiri meditativi e gli assalti di luminose progressioni di accordi eseguendo ogni brano al meglio e in assoluta libertà, spaziando tra paesaggi sonori immacolati e melodie silenziose, conferendo al disco quell’aura sognante e inquietante al tempo stesso.

Per sovvertire le aspettative, l’artista francesce in “Water Deep” non fa sfoggio di sintetizzatori: la traccia, con la sua pronunciata lucentezza vintage, funge da ouverture atmosferica e grazie alla dissolvenza ci accompagna dentro “Oceans Niagara” che però risulta troppo frenetica rispetto alla precedente. Le note sembrano cadere a terra come macigni dopo aver provato a spiccare il volo e, non riuscendo ad andare da nessuna parte, rimangono lì sterili e prive di qualsivoglia movimento armonico. Sopra onde di una melodia euforica, Gonzalez geme: “I believe in the darkness, it’s just a sound I’m in love with some sadness, it’s just a sound”, ma “Amnesia” suona come se non fosse mai stato vicino all’oscurità, come se la luce del sole colpisse direttamente il suo viso e, quando riesci a ottenere un effetto come questo, non c’è bisogno di cercare altri significati. Dal sole si attraversa una nebulosa con la doppietta “Deceiver”/“Fantasy”, inni groove con flauto di pan e tamburi africani alquanto improbabili, tuttavia la luce ritorna prepotente grazie a brani che stimolano l’orecchio dell’ascoltatore quali “Laura” e “Sunny Boy”, dove Gonzalez mostra la necessità di tornare ad un suono più profondo e urgente senza rinunciare alle sonorità pop anni ‘80.

Una tendenza importante riguarda le tracce in continua espansione come “Us And the Rest”, brano caratterizzato da un languido arrangiamento, che esplode in qualcosa di cosmico e catartico sul finale. A promuovere l’atmosfera onirica c’è “Earth to Sea”, brano dance etereo, una discoteca a metà strada tra spazio e oceano mentre “Radar, Far, Gone” riporta in auge la chitarra acustica per un’incursione folk. A questo punto “Fantasy” incarna il suo nome allontanandosi il più possibile dai ritmi astratti dei party e, pertanto, potrebbe risultare disgiunto, sconnesso, come se le due anime di Gonzalez si scontrassero, come nell’idiosincratica “Dismemberment Bureau”: una mescolanza di lamenti già uditi che cattura e infastidisce, un canto di sirene accattivante che trascina il mal capitato di turno in un luogo sperduto, per poi abbandonarlo nell’oblio.

Pur dando l’idea di non essere coerente, “Fantasy” ha il merito di portarci in un viaggio utopistico,
attraverso la casa degli specchi sonori di Anthony Gonzalez, sempre alla ricerca di nuove angolazioni per arricchire il suo suono distintivo. Leggero come l’aria e profondo come il mare, che abbia oppure no disatteso le aspettative, “Fantasy” di M83 appare un buon album travestito da quello che sarebbe potuto essere un grande album.

71/100

Foto in Home di Elia Herme