THE DREAM SYNDICATE, “Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions” (Fire, 2022)

Il quarto capitolo della “seconda giovinezza” dei Dream Syndicate, che celebrano proprio nel 2022 il quarantennale del fondamentale “The Days Of Wine And Roses”, avvalora un percorso che sembra inesauribile con brani magnetici e splendidamente a fuoco: laddove negli album storici come il sopraccitato esordio e “Medicine Show” le qualità dei singoli musicisti uscivano alla distanza – il virtuosismo di Karl Precoda come la personalità di Kendra Smith – nella nuova fase il collettivo è al servizio dei pezzi. Con l’apporto alle tastiere di Chris Cacavas (Green On Red), Marcus Tenney al sassofono (The Waterboys, Foxygen) e al poliedrico arrangiatore Stephen McCarthy (The Long Ryders, Jayhawks) i Dream Syndicate offrono con “Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions” un suono sì espansivo e ricercato (per l’ipnotica “Beyond Control”) ma dalle melodie sublimi (“Lesson Number One”, nella vena dei tardi R.E.M.).

I singoli di lancio ci avevano già esaltato, dalle atmosfere paisley di “Where I’ll Stand” con le chitarre che arrivano al cuore per non uscirne più al funk smooth di “Damian” dove Lou Reed incontra gli Steely Dan. “Hard To Say Goodbye” tratta la country music alla maniera fumosa dei Tindersticks mentre “Trying To Get Over” spinge sull’acceleratore delle distorsioni con una performance fuori giri di Steve Wynn – ma la sua voce è fantastica per tutta la lunghezza dell’album, diciamo che sta invecchiando meglio di Matt Berninger dei National. “My Lazy Mind” è la traccia più atmosferica e riflessiva del lotto in cui ascoltare jazz, psichedelia e avanguardia alla Brian Eno insieme è ora possibile; forse “Every Time You Come Around” di contro la più conservativa, senza highs pazzeschi e tuttavia pronta a dire la sua in veste live. “The Chronicles Of You” testimonia le qualità dell’ottavo disco della formazione losangelina con una scrittura rotonda e la batteria puntuale di Dennis Duck, unico membro insieme a Wynn presente in tutti gli album dei Dream Syndicate.

Chiude in trionfo il garage-rock di “Straight Lines” e qui tutto è magico, sixties e punk a braccetto con la farfisa densa di esoterismo di Cacavas, i duelli tra Wynn e la chitarra acida di Jason Victor, il basso kraut di Mark Walton. Appuntamento a ottobre, ragazzacci!

77/100

Foto di Tammy Shine